WandaVision, recensione no spoiler della miniserie Marvel con Elizabeth Olsen

WandaVision

Siamo nel gennaio 2021, il mondo è ancora chiuso a causa della dilagante pandemia da Covid-19 e le piattaforme di streaming legale, dove poter vedere film e serie televisive comodamente da casa propria senza uscire dalla porta e affrontare il pericolo del contagio, prosperano con numeri e visualizzazioni senza precedenti. In questo periodo molto particolare Disney+ fidelizza una buona fetta del suo nuovo pubblico con la prima serie originale legata ufficialmente al Marvel Cinematic Universe.

Dopo la chiusura in gran stile di Avengers: Endgame, la saga Marvel che tanto aveva fatto tremare i botteghini cinematografici di tutto il mondo sbarca anche sul piccolo schermo; e così, con l’ottimo WandaVision, ha ufficialmente inizio la Quarta Fase del MCU prodotto da Kevin Feige. Miniserie ideata e scritta da Jac Schaeffer e diretta da Matt Shakman, per un totale di nove episodi.

La trama di WandaVision

Tre settimane dopo gli eventi di Avengers: Endgame, Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen) e Visione (Paul Bettany) vivono una vita idilliaca nella tranquilla cittadina di Westview, nel New Jersey, cercando di tenere nascosti i loro poteri. Attraversando varie epoche televisive e stili diversi, i due cercano di preservare la loro felicità e il loro amore, ma Visione si rende ben presto conto che quel che sta vivendo è un’illusione e che Wanda tiene sotto controllo l’intera cittadina.

Nel frattempo, il capitano dello S.W.O.R.D. Monica Rambeau (Teyonah Parris), l’agente dell’FBI Jimmy Woo (Randall Park) e l’astrofisica Darcy Lewis (Kat Dennings) indagano su un campo elettromagnetico che circonda Westview nel tentativo di salvare i cittadini bloccati al suo interno. Dopo essere entrata una volta nel cosiddetto ESA (il nome che Darcy ha dato al campo di forza, di forma esagonale) ed esserne stata scacciata da Wanda, Monica acquisisce il superpotere di assorbire ogni tipo di energia, mentre Wanda, che nel frattempo ha dato alla luce due gemelli, Tommy e Billy, avuti misteriosamente da Visione, espande il campo per salvare il compagno che ne è uscito per chiedere allo S.W.O.R.D. di salvare i cittadini.

WandaVision, perché vederla?

Perché ha dato il via in grande stile alla Quarta Fase del Marvel Cinematic Universe dopo il picco di grandimento (e di incassi da capogiro) dell’ultimo capitolo di Avengers. Ora però, il remunerativo progetto MCU di Kevin Feige sbarca in maniera inedita anche sul piccolo schermo con questa miniserie semplicemente perfetta e destabilizzante. Destabilizzante perché nei suoi primi episodi lascia momentaneamente interdetti i suoi telespettatori, senza quella che sia un’apparente trama orizzontale.

Come se stessimo guardando una vecchia sitcom americana in tutto e per tutto, WandaVision incalza lo spettatore a chiedersi se quello che sta accandendo sul piccolo schermo sia realtà narrativa oppure semplice fabbricazione della mente della fragile protagonista interpretata da una straodinaria Elizabeth Olsen. La risposta a questo puzzle arriverà ovviamente verso la conclusione della miniserie, che in ogni caso inaugura la Quarta Fase Marvel con un omaggio alla televisione, alla sua eredità e ai suoi elementi fondanti in un momento storico (quello della pandemia e dei lockdown mondiali) che aveva amplificato l’uso e consumo proprio dello strumento televisivo come fonte di nutrimento per lo spirito.

Perché non vedere WandaVision

Perché, nonostante l’ottimo successo di critica e di un pubblico di fan ed affezionati sempre crescente, WandaVision non è stato però capito dalla stragrande maggioranza del pubblico generalista. Da molti ritenuta senza capo né coda, straniante e priva di una trama concreta o apparentemente comprensibile, la miniserie targata Disney+ e ideata da Jac Schaeffer è il classico esempio di opera audace e pop allo stesso tempo che non incontra all’inizio il favore del suo pubblico di riferimento, ma che nel tempo diventa venerato oggetto di culto.

Ed è esattamente quello che è accaduto a WandaVision, ad oggi considerato come una delle punte di diamante dell’intera produzione cine-televisiva del progetto MCU di Kevin Feige, ma che ancora oggi non tutti hanno compreso nella sua straordinaria ambizione narrativa e nella sua riflessione profonda e mai scontata sull’elaborazione del lutto (e qui, non supereremo le soglie dello spoiler) e sulla funzione catartica del televisore come mezzo di evasione e di influenza psico-sociale. E diteci se è poco!

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