Adattata da Gillian Flynn (Gone Girl – L’amore bugiardo) e a partire dalla sua omonima serie britannica del 2013, Utopia è una serie fantascientifica ideata da Flynn e ispirata al romanzo di Dennis Kelly, Utopia. È interpretata da John Cusack, Jessica Rothe, Ashleigh LaThrop e Dan Byrd. La serie, in 8 episodi, è disponibile su Amazon Prime Video.
Utopia, la trama
Una misteriosa graphic novel, The Utopia Experiments, potrebbe contenere delle informazioni segrete sul futuro dell’umanità e sul destino del mondo. È quello che viene scoperto da un gruppo di cinque ragazzi, che fra le pagine del fumetto vengono a conoscenza di una terribile verità. C’è un piano in atto per controllare gli eventi futuri che plasmeranno la sopravvivenza del genere umano sul pianeta, ormai distrutto dalla crescente popolazione. Nella prima fase, si convincerà il mondo che ci sia il focolaio di un nuovo virus mortale. Nella seconda, una volta convinti tutti dell’esistenza di una pandemia, si annuncerà a tutte le persone l’esistenza di un vaccino in grado di prevenire il contagio. Nella terza, e ultima, fase la popolazione mondiale verrà naturalmente indotta a ricorrere a questo vaccino, considerata l’unica salvezza. In realtà, il vaccino non sarebbe altro che un’arma per annientare la fertilità dell’individuo: in questo modo, la crescita della popolazione mondiale verrà del tutto bloccata e i numeri rimarranno costanti, rendendo possibile la prosperità senza che vi sia l’effetto collaterale della distruzione del sistema ecologico del pianeta.
Utopia, perché guardarla
A sostenere la buona riuscita di una serie come Utopia c’è una casualità di eventi che la rendono molto più attuale e meno fantascientifica rispetto a come sarebbe risultata se fosse uscita in una diversa circostanza: il contesto di uscita di Utopia è, infatti, quello della pandemia del 2020, che ha gettato tutto il pianeta sotto il manto di terrori cospirazionistici e verità nascoste. L’appeal della serie risiede proprio nell’aver saputo cogliere gli aspetti meno incredibili di uno scenario improbabile (eppure così vicino alla realtà), mostrando l’inettitudine del governo statunitense nel tentativo di far fronte a un crescente numero di vittime e di gestire un virus in rapida propagazione.
Ne risulta uno show in cui l’attenzione per l’intrattenimento, senza risvolti eccessivamente profondi o seriosi, è primaria e in cui, al contempo, è facile lasciarsi trascinare da un vortice di eventi che utilizza simboli e metafore ben inseriti nella nostra contemporaneità. Utopia è l’incubo irrealistico, ma terrificante, della nostra società post-pandemica: è la messa in scena di un mondo che è messo alle strette e portato a reagire non soltanto a una minaccia ben visibile (quella del virus stesso), ma anche e soprattutto all’eventualità che quel pericolo sia stato progettato da entità superiori alla società stessa. È la concretizzazione delle più folli teorie cospirazionistiche, che nella realtà hanno trovato preoccupante margine di manovra nonostante la scientificità di ogni sua negazione: perché è semplice interpretare il testo di Flynn come una storia che parla per allegorie, e in cui la responsabilità diretta del governo nella creazione del patogeno ritrova più di una similitudine con una realtà in cui è l’assenza di azioni a essere chiamata in causa.
Inoltre, quando una storia thriller come quella di Utopia viene sorretta dalla presenza di un cast convincente, composto da volti noti (John Cusack, Jessica Rothe) che si uniscono ad attori meno conosciuti, allora lo spettatore può essere sicuro di trovarsi dinanzi a una serie capace di magnetizzare la sua attenzione. Perché il cast di Utopia riesce a fare da intero contrappunto divertente, se non addirittura comico, anche nei momenti più oscuri della narrazione: questo permette al pubblico della serie di empatizzare facilmente con tutti i personaggi della storia, incastrati in una bizzarra dimensione in cui atmosfera famigliare e sensazioni sinistre si alternano e coesistono.
Utopia, perché non guardarla
Per tutte queste ragioni, legate a una serie di strettissime analogie fra finzione e verità al di fuori del mondo narrato, Utopia è artefice di un sentimento dissonante e conflittuale all’interno dello spettatore. Al centro delle vicende narrate c’è un’architettura complottistica di teorie alternative generate dalla messa in discussione dell’efficacia dei vaccini e la fabbricazione di virus come arme biologiche. Si tratta, dunque, di una serie incredibilmente vicina al vissuto collettivo, e forse pericolosamente vicina. Con ogni probabilità, se Utopia fosse uscita un anno prima le reazioni dello spettatore medio dinanzi a questo thriller cospirazionista sarebbero state di natura totalmente opposta. Purtroppo, la serie di Flynn ha visto la luce nel pieno di un periodo critico in cui la leggerezza data dall’intrattenimento offerto da questo specifico genere cinematografico viene inevitabilmente smorzata, risultando non più possibile per palesi affinità con la tragica e allarmante realtà.
Fra i problemi invece imputabili alla serie, e non a coincidenze sfortunate, v’è senza dubbio la capacità di maneggiare l’universo young adult da parte di un’autrice che vi è poco avvezza. Nessuno mette in dubbio la straordinaria consapevolezza di Gillian Flynn del mezzo della scrittura, suo a pieno titolo (che si parli di romanzi, di film o di serie televisive, come dimostra Sharp Objects): è invece in discussione la sua abilità nel trattare tematiche, nonché un tipo di registro specifico che viene utilizzato per narrare questo tipo di racconto, connesse al mondo degli adolescenti, che rimane territorio poco esplorato in precedenza da Flynn.
Certo, non può essere negato che Utopia riesca a catturare l’attenzione del pubblico per tutta la sua durata. L’avventura viene presa sul serio dai suoi autori e dal cast che la interpreta, la narrazione è avvincente e ben cadenzata da situazioni ai limiti dell’estremo e il divertimento è assicurato. Tuttavia, non si può non notare una somiglianza estrema con tutto un immaginario cinematografico preesistente, di cui le idee vengono riprese senza mai davvero essere rielaborate.