Un mondo a parte, la recensione (senza spoiler) della commedia

Un mondo a parte

Michele è un maestro di Roma stanco della vita nella grande città, dove si trova spesso sotto minaccia da parte dei genitori di alcuni dei suoi alunni. Chiede così un trasferimento che viene accettato e si ritrova a insegnare nel piccolo paesino di Rupe, nel Parco Nazionale dell’Abruzzo. Un posto dove di inverno si toccano i venticinque sotto zero, salvo subire uno sbalzo termico durante la stagione estiva di ben sessanta gradi.

Il suo arrivo durante una tormenta di neve non sembra promettere nulla di buono, ma ben presto l’uomo si abitua alla vita in quel luogo dimenticato e sempre più spopolato, grazie anche all’amicizia sempre più profonda con la bella vicepreside Agnese. Quando l’unico plesso scolastico rischia di essere chiuso per mancanza di alunni, i docenti si ritroveranno davanti a una situazione complicata e soltanto un ingegnoso stratagemma potrà salvare l’economia della comunità e l’educazione dei suoi più piccoli residenti.

Un altro mondo: l’unione fa la forza – recensione

Due attori simbolo del cinema e della comicità nazional-popolare, ma non solo, come Antonio Albanese e Virginia Raffaele sono gli elementi trainanti di questa commedia che si ammanta di istinti sociali “sfruttando” narrativamente anche il dramma della guerra in Ucraina con la conseguente situazione dei profughi accolti nel nostro Paese. Quando tutto sembra perduto infatti, il solo modo per aumentare il numero di alunni potenzialmente iscritti al futuro anno scolastico è proprio quello di accogliere famiglie, con prole a carico, in fuga dal conflitto.

Una soluzione furba e ambigua, all’insegna di quella commedia all’italiana all’insegna dell’arrangiarsi, che il regista Riccardo Milani sembra prendere qua e là come punto di riferimento, salvo poi affidarsi in altri contesti ad una più rassicurante retorica a prova di grande pubblico, nel tentativo di non scontentare nessuno.

Tutto come previsto, o quasi

Le quasi due ore di visione offrono un intrattenimento semplice e genuino, poco graffiante e incisivo rispetto a quanto potenzialmente preventivabile in seguito a suddette svolte, ma capace di sfruttare l’eterogeneo cast, formato sia da attori professionisti che da persone comuni. Una complementarietà che permette di rendere più viva e vitale la remota ambientazione, con il paesino fittizio di Rupe ricalcato su quello realmente esistente di Opi, comune aquilano dove abitano poco meno di quattrocento anime.

Anche il discorso sulla scuola e sul lavoro da precario, con la situazione che coinvolge migliaia di insegnanti in tutta Italia, è affrontato con superficialità, prediligendo sempre e comunque l’anima leggera a schivando sussulti introspettivi di maggior profondità. La natura selvaggia che circonda questo luogo idilliaco, immerso o nella fitta coltre bianca o in un verde lussureggiante a seconda delle stagioni, è rappresentata dai lupi che ululano nella notte, dalle famiglie di orsi che si aggirano nei boschi e da quei cervi che assumono significati metaforici, lasciando alle parole di un pastore il compito di racchiudere al meglio il cuore più intimo di questo regno elitario.

Conclusioni finali

Un professore di Roma si ritrova di punto in bianco a insegnare, per sua volontà, in una scuola di un piccolo paesino abruzzese. Una scelta che gli cambierà la vita e lo porterà a lottare, con la risoluta vicepreside, affinché quell’istituto non chiuda per sempre.
Una commedia tipica di certo cinema italiano contemporaneo, capace di intercettare i gusti del grande pubblico – come confermato anche dal numero di visualizzazioni su Amazon Prime Video dove è disponibile – non soltanto grazie alla semplicità dell’assunto ma anche alla presenza di due volti amati dagli spettatori come Antonio Albanese e Virginia Raffaele. La sceneggiatura a tratti scaglia la pietra e tira indietro la mano, smorzando le potenziali ambiguità in favore di un’arte dell’arrangiarsi che mette tutti d’accordo, con i pro e i contro del caso.

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