Tutto chiede salvezza è una serie scritta e diretta da Francesco Bruni (Noi 4, Scialla!) che, dopo Cosa sarà, approda sul formato seriale televisivo per raccontare la storia di Daniele, interpretato da Federico Cesari (Skam Italia, I Cesaroni 4). Nel cast troviamo anche Fotinì Peluso, Carolina Crescentini, Ricky Memphis e Raffaella Lebboroni. Tutto chiede salvezza è disponibile su Netflix.
Tutto chiede salvezza, la trama
Una serata in discoteca e poi, la mattina dopo, il risveglio in un reparto psichiatrico. Questo è quanto accade, un giorno, al giovane Daniele Cenni (Federico Cesari), che subisce un TSO contro la propria volontà ed è ora costretto a passare una settimana all’interno della struttura. Quando si ritrova a parlare con i due dottori che se ne occupano, prima il dottor Mancino (Filippo Nigro) e poi la dottoressa Cimaroli (Raffaella Lebboroni), Daniele capisce di non avere alcun ricordo di quanto accaduto la sera precedente.
La dottoressa, però, gli confida che il suo stato psicofisico era così alterato da aver richiesto la presenza di almeno tre infermieri, che l’hanno prontamente sedato due volte. Man mano che passano le ore, la memoria si fa più nitida e tutto comincia a riemergere dall’oblio: scopriamo che Daniele lavora come rappresentante di una ditta che vende climatizzatori e che, un giorno, viene a sapere che un suo caro amico d’infanzia ha subito un irreparabile danno cerebrale a seguito di un incidente. Questa notizia getta Daniele nello sconforto e in uno stato confusionale di rabbia incontrollata che lo porta a colpire ripetutamente suo padre, senza apparente ragione.
Nel frattempo, all’interno della struttura, Daniele condivide la sua stanza con altre tre persone con cui sente di non avere nulla in comune, ma che lo sorprenderanno in positivo: Gianluca (Vincenzo Crea), Mario (Andrea Pennacchi), Madonnina (Vincenzo Nemolato) e Alessandro (Alessandro Pacioni), che si trova in stato catatonico. Il giorno dopo fa invece l’inaspettata conoscenza di Nina (Fotinì Peluso), attrice e influencer che ha tentato il suicidio, vittima di una madre anaffettiva (Carolina Crescentini).
Tutto chiede salvezza, perché guardarla
Il mondo giovanile non è un terreno insondato per l’autore Francesco Bruni, alla sua prima esperienza di regia in televisione. Sceneggiatore per Paolo Virzì dai tempi de La bella vita e con alle spalle quattro lungometraggi diretti, con Tutto chiede salvezza Bruni torna ad affondare le mani nella materia che più sembra smuoverne l’estro – a 11 anni da Scialla! (Stai sereno) – e con cui si sente più a suo agio: quell’universo, vale a dire, in cui gli adulti sono chiamati a confrontarsi con le proprie responsabilità nei confronti dei propri figli, anche dopo che ormai questi hanno già pagato lo scotto di quelle colpe e può sembrare che ormai non ci sia tempo per risolvere alcun problema.
Non è però mai così nel cinema (e nella televisione) di Bruni, maestro del genere dramedy “all’italiana” e sinceramente fiducioso nelle seconde possibilità attraverso cui i suoi personaggi possono riprendere il controllo delle proprie vite e rispondere a quella chiamata di salvezza, che sembra urlata all’unisono con il resto del mondo. Tutto chiede salvezza è una serie che si avvale di un equilibrio delicato e perfetto fra tutti gli elementi che la compongono: l’ironia c’è, e tanta, ma è ben calibrata ai momenti drammatici, che conferiscono una dimensione più profonda rispetto a ciò che si staglia sulla superficie della storia. Allo stesso tempo, Tutto chiede salvezza ha la forma di un dramma umano sulle relazioni filiali (e non solo) e sulla malattia, ma sempre attentamente smorzato nel registro con un piglio umoristico che infonde un senso di speranza misurato, giusto e mai scardinato dalla realtà.
All’interno della stanza che condivide con perfetti sconosciuti di ogni temperamento e di ogni età anagrafica, Daniele (interpretato da uno straordinario Federico Cesari) teme di non poter trovare compagnia: Gianluca è troppo pressante, Mario è troppo vecchio, Madonnina è troppo… beh, sé stesso. E poi c’è Giorgio, che con le sembianze di un gigante e la psiche di un bambino la certezza di quell’età anagrafica la scompone del tutto, alla base. E Nina, a cui Daniele sentirà di essere affine soprattutto sul piano spirituale prima ancora che fisico e che, pur nella sua giustificata follia, ridarà al protagonista un motivo per essere felice. E Alessandro, figura fantasmatica che trascina ogni notte Daniele al nucleo di tutto il suo dolore: l’assenza di un ordine logico, razionale, morale nel mondo che possa attenuare la sua insensatezza.
I sette giorni trascorsi nella struttura regaleranno a Daniele, nemmeno a specificarlo (non è questo il senso di una narrazione strutturata in tal modo?), una prospettiva diversa su tutte le sue certezze aprendo la sua consapevolezza al dubbio, che si contrappone alla sofferenza proprio perché apertura significa vita, cambiamento di rotta e d’idea, possibile almeno in linea teorica. Ed è già più che qualcosa.
Tutto chiede salvezza, perché non guardarla
Spiace sempre cercare di trovare una ragione per privarsi della visione di una serie, soprattutto quando riuscita come nel caso di Tutto chiede salvezza. E questa è una delle circostanze in cui sembra più difficile che mai: Tutto chiede salvezza è, senza dubbio, uno dei migliori prodotti televisivi che si siano prodotti e realizzati in Italia negli ultimi anni. Questo è, semplicemente, quello che accade quando un progetto viene affidato alle mani di uno sceneggiatore che genera i suoi personaggi come fossero figli della sua mente, consentendo allo spettatore di affezionarsi a tutti loro perché è lui, in primo luogo, a farlo in modo viscerale. Succede quando si ha piena consapevolezza del mezzo della scrittura e quando tutto il resto funziona allo stesso modo, perché trainato dall’autore (dalla regia, che regala ispiratissime incursioni nel mondo onirico, al cast, aderente anima e corpo ai personaggi).
Se dovessimo, tuttavia, cercare razionalmente un motivo per allontanarsi dalla serie di Bruni sarebbe la sua tendenza a parlare della dimensione della sofferenza, come fa il protagonista Daniele, in modo brutalmente onesto. Non vi sono sconti – il che significa, comunque, qualcosa di più solido rispetto alla semplice esposizione del dolore fine a se stesso e privo di vie d’uscita – e non vi sono momenti in cui è possibile credere che Tutto chiede salvezza si risolverà con un happy ending assoluto.
Può forse trarre in inganno un’apparente leggerezza di racconto, oppure il sovra citato gusto per le sequenze ironiche e il dialogo umoristico, ma la serie non è fatta per compiacere quel tipo di pubblico che sia alla ricerca di un passatempo spensierato: Tutto chiede salvezza non è la serie del venerdì sera. È una serie, al contrario, che coinvolge tutti i sensi dello spettatore verso una comprensione identificativa della malinconia dei protagonisti e delle protagoniste e che, per questa ragione, potrebbe rivelarsi una visione, se non impegnativa, non del tutto facile. Tutto questo potrebbe andare a costituire, per un altro tipo di pubblico, un’ulteriore ragione per vedere Tutto chiede salvezza.