The Unlikely Murderer, la recensione – no spoiler – della serie crime

The Unlikely Murderer

È una fredda serata del febbraio 1986, quando un colpo di pistola raggiunge alla schiena il primo ministro svedese Olof Palme, ferendolo a morte. Il caso divenne una faccenda di grandissima portata, inglobando al suo interno un enorme sforzo d’indagine che, clamorosamente, non portò mai a una soluzione definitiva sull’identità dell’assassino. Queste sono le premesse di The Unlikely Murderer, serie di finzione in streaming su Netflix basata sul libro a metà tra inchiesta e romanzo di Thomas Pettersson, pubblicato nel 2018. E nonostante proprio queste premesse rendano chiara la dimensione torbida e nebulosa di un processo di ricerca del killer, annacquato nel corso del tempo da una quantità spropositata di teorie ai limiti del complottismo, la serie supervisionata da Charlotte Brändström decide di fare la cosa forse più sbagliata in assoluto: puntare il dito.

La trama di The Unlikely Murderer

Al centro di The Unlikely Murderer, infatti, è posta la vicenda a metà tra il drama e il crime di Stig Engström (interpretato da Robert Gustafsson), un graphic designer che la sera dell’omicidio ha dichiarato di essere stato uno dei primi ad accorrere sulla scena dell’assassinio. Trattato per molto tempo come testimone oculare dalla polizia, che nella serie TV viene ritratta come indaffarata a calpestarsi i piedi a vicenda e seguire piste che preannunciano buchi nell’acqua, verrà solamente dopo molti anni posto al centro dell’attenzione come primario indiziato. Più precisamente nel 2020, a oltre due decenni di distanza dalla morte di Engström, con la conseguente chiusura del caso.

The Unlikely Murderer, perché guardare la serie

The Unlikely Murderer, però, non guarda all’indagine portata avanti dalla procura svedese ricostruendo analiticamente e in modo imparziale i tasselli del caso Palme, bensì, come già detto, si rifà nella sua intenzione romanzata al libro di Pettersson. Si interessa insomma alla spettacolarizzazione e demonizzazione di un individuo la cui testimonianza è sì sempre stata ambigua, ma la cui colpevolezza mai provata né tantomeno questionata direttamente con il sospettato.

È quindi tutt’altro che ammirevole la maniera in cui la miniserie, composta da cinque episodi, scelga dalla primissima sequenza di assegnare il giudizio mettendo tra le mani di Engström la pistola ancora fumante. Dal primo istante non c’è spazio per il dubbio, per la creazione dell’ambiguità da un lato narrativa (da concedere allo spettatore), dall’altro ideologica (da concedere al concetto di giusto processo).

Perché non guardare The Unlikely Murderer

Nella scrittura di Wilhelm Behrman e Niklas Rockström si sceglie che quella è la verità e a quella si deve sottostare. Ai limiti del grottesco è il modo in cui The Unlikely Murderer ingabbia questa a dir poco questionabile linea “creativa”: nei titoli di testa viene ribadito come la serie sia basata su un caso irrisolto, nei titoli di coda come non sia mai stato dimostrato che Engström sia l’effettivo assassino, ma – un grande, furbo e meschino ma – si ribadisce che «la polizia e la procura lo considerano il principale sospettato».

Nel mezzo di questi due estremi si tenta di tratteggiare un personaggio affetto dall’ossessione per la scalata sociale, della visibilità e dall’ingombrante narcisismo frutto di bullismo e mancanze d’infanzia mai realmente compensate, acuite ulteriormente dal desiderio di figli che poi non sono mai arrivati.

Un profilo psicologico spicciolo, banale e fazioso, volto a incanalare nel ritratto di un uomo offerto come debole e meschino la motivazione a un omicidio che, va sottolineato ancora, nella realtà dei fatti non è mai stato dimostrato abbia realmente commesso. The Unlikely Murderer ha però deciso, anche per noi, che è così che sono andate le cose, che è alla luce di questa premessa che dobbiamo leggere la narrazione di una serie perennemente priva di tensione, pervasa da una sorta di giustizialismo da fiction e sommersa sotto centimetri di trucco prostetico che rendono il tutto ancora più inqualificabile.

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