Se a gennaio la temperatura nella capitale fa registrare più di 30 gradi qualcosa di strano c’è e non vi è negazionista climatico che tenga. I protagonisti di Te l’avevo detto si ritrovano a lottare contro questo caldo asfissiante e del tutto fuori stagione, mentre affrontano quotidianità complesse e difficili. Gianna, madre dell’adolescente Mia, è ossessionata dalla ricorrente figura di Pupa, un’ex amica pornostar che era solita fregare i mariti alle altre. Tocca a Mia allora svolgere il ruolo più responsabile, ma non è semplice in quanto si prende cura di un’anziana nobildonna in una lussuosa casa del centro.
Nel frattempo Caterina cerca di rimettere in piedi i pezzi della sua famiglia sfasciata e di riavvicinarsi all’ex marito e al figlioletto, che l’hanno tenuta a distanza per via della sua dipendenza dall’alcool. Un’altra dipendenza, dalla droga, è quella con cui deve combattere padre Bill, che ha ricevuto la visita della sorella dall’America, intenzionata a spargere le ceneri della defunta madre in un cimitero acattolico.
Recensione “Te l’avevo detto”: tra il dire e il fare
Un film sempre in bilico, su un pericoloso ciglio tra la trovata e il ridicolo involontario, figlio di un grottesco che rischia di franare in più occasioni nello scult. Il secondo lavoro dietro la macchina da presa di Ginevra Elkann è un’opera corale ambientata in una Roma invernale estremamente torrida, con quel palcoscenico infuocato da un sole opprimente nel quale si muovono personaggi respingenti, reietti alle prese con vizi e manie, sconfitti – chi più chi meno – da un destino che non ha fatto loro sconti.
Difficile vedere un quadro d’insieme netto in questo racconto frammentario, dove alcuni segmenti funzionano più di altri e dove si esplora un bizzarro meltin’pot di umori e suggestioni, tiranti in ballo molteplici tematiche e relative idiosincrasie, dal fanatismo religioso alla schiavitù della chirurgia estetica, dalla droga all’alcool quali demoni privati e al discorso sulla genitorialità, e via dicendo in cento minuti di visione che vogliono forse dire anche troppo in troppo poco tempo.
Serio e faceto
Si guarda a tratti a una commedia all’italiana classica, con quell’arte dell’arrangiarsi quale eterna scappatoia dalle situazioni più difficili, ma qui il conto da saldare arriva sempre, anche se per alcuni protagonisti si intravede una parziale, ipotetica, catarsi mentre per altri non vi è più via di scampo, in un apologo amorale dove dramma e commedia nera danzano su un filo sottile, pronto a spezzarsi da un momento all’altro.
In questo amalgamo sui generis, esasperato e a tratti ridondante ma in almeno un paio di occasioni cattivo al punto giusto, si muove un cast eterogeneo che vede tra i volti più conosciuti nomi del calibro di Riccardo Scamarcio, Valeria Golino, Greta Scacchi, Alba Rohrwacher, Valeria Bruni Tedeschi e dell’americano Danny Huston in trasferta capitolina. Attori che aderiscono, tra tic e paranoie assortite, con una certa, respingente, fedeltà ai relativi alter-ego, vittime/colpevoli sacrificali di un gennaio torchiato da un assurdo solleone.
Conclusioni finali
Mentre Roma e il mondo intero sono vittime di un caldo spaventoso nel gennaio più caldo che la storia ricordi, un gruppo di variegati e strampalati personaggi è alle prese con le proprie convulse vicissitudini, alcune coincidenti in maniera più o meno significativa.
Da pornostar dimenticate a casalinghe disperate, da adolescenti innamorati e preti disillusi, da madri alcolizzate a figli smarriti, Te l’avevo detto offre un quadro senza speranza di un’umanità allo sfascio, adoperando la carta del grottesco. Una scelta che a volte va a segno e altre rischia di scadere nel ridicolo involontario, con questo affresco collettivo dove sono tutti brutti, sporchi e cattivi senza distinzioni di sorta, specchio trasfigurato di un’Italietta tra vizi e ancora vizi.