Quando parliamo di Succession dobbiamo mettere subito in chiaro una cosa: siamo di fronte a un’opera che è già un pezzo di storia della serialità televisiva. Diciamolo sin da ora così sgomberiamo immediatamente il campo da qualsiasi possibilità di obiezione. Ha carburato più lentamente di tanti altri grandi successi della TV che si sono susseguiti nel corso degli anni (Breaking Bad, Game of Thrones, ecc.), ma da quando ha chiuso il cerchio con la sua quarta e conclusiva stagione ogni cosa va al suo posto, ogni tassello del puzzle si incastra dove deve incastrarsi. L’ha ideata e portata avanti per cinque anni Jesse Armstrong, con il supporto in produzione di due nomi noti come quelli di Will Ferrell e Adam McKay, trasmessa inizialmente dal canale della TV d’alta qualità HBO, arrivata poi qui in Italia su Sky Atlantic e quindi Now TV.
La trama di Succession
Succession segue le vicende della famiglia multimiliardaria Roy, che controlla la Waystar-Royco, uno dei più grandi conglomerati di media e intrattenimento del mondo. E’ composta dal capofamiglia Logan (Brian Cox), uomo deciso e burbero, figura a capo dell’azienda e spesso sgradevole che tiene le fila di tutto quello che accade sotto la sua ombra. Ci sono poi la terza moglie Marcia (Hiam Abbass) e i quattro figli avuti da differenti matrimoni: Kendall (Jeremy Strong), Roman (Kieran Culkin), Shiv (Sarah Snook) e Connor (Alan Ruck).
La serie si apre sull’imminente passaggio di testimone tra Logan e il nuovo amministratore designato dell’azienda, Kendall. Ma quello che inizialmente sembra un evento già a lungo preparato e prossimo a decretare un epocale cambio di rotta, si trasforma presto nella miccia che accende uno dei racconti più intensi della serialità recente, nella lotta interna, patricida, fratricida e sanguinosa tra figli forse mai davvero cresciuti e un padre che ne ingombra il cuore e la mente.
Perché guardare Succession
Si potrebbe affermare che Succession fa la stessa identica cosa per quattro stagioni e in fondo questo sarebbe anche condivisibile. Per quattro stagioni Succession racconta di un padre padrone che non vuole abdicare al trono, mentre sotto di lui si accalcano, si affannano, si calpestano figli bloccati in un’eterna infanzia. Kendall, Roman e Shiv questo sono, degli infanti costretti a restare tali, bloccati in uno stato di eterna ricerca dell’accettazione da parte di un padre che ha dosato il suo amore centellinandolo con tante gocce di veleno.
Logan Roy si è reso indispensabile: nessuno immagina un mondo dell’informazione senza di lui e nessuno immagina che uno dei suoi figli possa prenderne realmente il posto. Loro intessono relazioni, si circondano di personaggi patetici (il Tom di Matthew Macfayden e il Greg di Nicholas Braun), giocano ai giochi del potere e sono disposti anche a prendersi a coltellate tra di loro pur di aspirare ad abbattere quel padre che dopotutto, dopo tutto quell’odio, non possono fare a meno di amare – a eccezione di Connor, una sorta di outsider, nato da un matrimonio differente e da sempre messo in disparte, per questo libero dalla morsa dell’accettazione di Logan.
Succession in fin dei conti è quindi un dramma familiare. Un dramma che parla di una famiglia ricca oltre ogni misura, oltre ogni concezione, al quale la serie di Armstrong applica i tormenti e le turbe di una qualsiasi altra famiglia amplificandone poi le conseguenze attraverso i filtri di un’ironia amara che affetta il mondo della finanza, delle borse, del gergo aziendale. Un dramma che scava in profondità e con grande raffinatezza nei caratteri di personaggi manchevoli e deturpati come quelli di questi fratelli, interpretati magistralmente da attori che si superano reciprocamente in bravura un episodio dopo l’altro.
Succession, perché non guardare la serie
Succession è una serie che, prima o poi, va semplicemente vista. Non c’è ragione perché non debba essere consigliata. E’ una serie che ha già ottenuto grande plauso e che nel corso del tempo arriverà ad essere sempre più considerata come una pietra miliare che si eleva per qualità della scrittura, per interpretazioni degli attori, per una regia capace di sottolineare momento dopo momento il crollo e le rinascite.
Succession è insomma già imprescindibile. Tiene strette in un’unica catena le emozioni condivisibili e pietose di personaggi con i quali è perà difficile empatizzare fino in fondo perché spesso spietati e privi di remore, calati in un contesto melmoso e insensibile di cui non sono altro che il tragicomico risultato, la goffa e storpia progenie con le tasche gonfie e il cuore annerito. Difficile che si vedrà qualcosa di così peculiare e di qualità come Succession nelle opere seriali del prossimo futuro, perché quella di Armstrong ha l’aspetto degli eventi rari, se non addirittura irripetibili. Cosa aspettate?