Stefano Fresi al Giffoni: “In Kostas sono un capo della omicidi un po’ burbero. Morte ai reality, sono il male dei nostri tempi”

Stefano Fresi al Giffoni

Stefano Fresi commuove i ragazzi del Giffoni Film Festival parlando di Ayrton Senna. L’attore dà infatti la voce al monologo-evento dedicato al pilota brasiliano venuto a mancare nel 1994 a causa delle ferite riportare nell’incidente di San Marino. Vediamo insieme cosa ci ha rivelato su un possibile ritorno di Un Medico in Famiglia, sulla nuova serie Kostas e su cosa pensa dei reality.

Intervista all’attore Stefano Fresi

Attore e musicista. La carriera di Stefano Fresi è ricca di lavori, dagli esordi con ‘Un medico in famiglia‘ alla candidatura ai David di Donatello per ‘Smetto quando voglio’, passando per il doppiaggio di Pumbaa ne ‘Il re Leone’.

Come è stato interpretare questo monologo-evento su Senna in occasione del trentennale dalla sua scomparsa?

È stata un’emozione grandissima. Un po’ perché le parole che mi ha messo a disposizione Giorgio J. Squarcia (che ha scritto il libro e il monologo che è tratto da quel libro) sono meravigliose, scritte bene e bellissime e un po’ perché è stato un vivere Senna molto più profondamente. Io avevo il ricordo delle sue gare, ero ragazzetto nell’84 avevo dieci anni, quando è morto nel ’94 ne avevo 20 e quindi ha attraversato il passaggio mio all’adolescenza e credo che tutti i miei coetanei l’abbiamo vissuto così. Era un’ispirazione, un grandissimo campione, un uomo capace di rialzarsi da ogni sconfitta e tramutarla nella prossima vittoria. Un grande insegnamento.

Incontrarlo a 50 anni con un monologo che trasuda amore per lui ma anche dal punto di vista umano, non solo del campione, ma del suo rapporto col pubblico, con la famiglia, con i colleghi, è stato un privilegio grandissimo. E immagina la mia emozione nel farlo nell’autodromo di Imola, con la sua macchina accanto a me, un pianoforte, la notte e l’asfalto, nient’altro. È stata veramente un’esperienza mistica e bellissima.

Prossimamente la vedremo in Rai con la serie Kostas, ci può anticipare qualcosa sul suo personaggio?

Credo sia il 12 settembre l’uscita su Rai1. Il personaggio di Kostas Charitos è questo capo della omicidi, un po’ burbero, un uomo tutto di un pezzo, un uomo che non ha paura di dire le cose come stanno e le dice senza peli sulla lingua, sia che stia parlando con l’ultimo degli ultimi o con un ministro degli interni, non va troppo per il sottile. E parallelamente ha questa vita famigliare con una moglie di cui è molto innamorato ma con cui spesso battibecca, che è interpretata dalla straordinaria Francesca Inaudi, e una figlia di cui è innamoratissimo e stravede per lei che è interpretata da Blu Yoshimi. Sono delle storie molto belle, scritte da Petros Markaris. Siamo ansiosi di farvele vedere e speriamo che ve ne innamoriate come noi ci siamo innamorati.

Da fruitore di serie, quali genere e titoli segue di più Stefano Fresi?

Non sono così addentrato. Ti posso dire che ho visto Breaking Bad dieci anni dopo che era uscito e sto rivedendo Dexter con mia moglie ora per vedere le puntate nuove. Sono sempre indietro. Quando dico: sto vedendo questa serie, mi rispondono che l’hanno già vista, è vecchia. Però mi piacciono, devo dire che mi piacciono molto ma non quanto il film visto in sala, questo mai.

Recentemente è stato annunciato il ritorno de I Cesaroni, lei ha recitato in ‘Un Medico in Famiglia’. Un ritorno della serie le piacerebbe?

Perché no. Se il pubblico si innamora delle serie, è sempre un piacere che ne rimanga un vivo ricordo. Io ho avuto la fortuna di partecipare ad Un Medico in Famiglia e mi sono divertito tantissimo a duettare con attori straordinari come Lino Banfi, Milena Vukotic. È stato veramente bello. Ho lavorato soprattuto con Lunetta Savino e Francesco Salvi, ho conosciuto amici, Pietro Sermonti ci siamo conosciuti lì prima di lavorare insieme in Smetto quando voglio. Per me sono ricordi molto, molto belli a cui tengo tanto.

Le piacerebbe condurre un programma o fare un reality?

I reality li detesto dal profondo, dal midollo perché sono il male dei nostri tempi. Se parliamo di programmi come X Factor, Amici, sono programmi che illudono un 18enne che dopo un anno di televisione, senza gavetta alcuna, puoi diventare famoso. Ma è un programma fatto sulla loro pelle perché un anno dopo questo successo clamoroso, arriva il prossimo vincitore e tu vieni tritato. Questo non lo dice nessuno. E poi c’è un altro grande difetto.

Tu non hai idea della mia vita privata, di come parlo a mia moglie o a mio figlio. Ti rivolgi solo all’artista perché magari hai visto i film che ho fatto. Sapere troppo del personale di un attore o di un cantante te lo fa vedere da un punto di vista diverso. Magari dai un giudizio negativo alla sua arte che magari è anche eccellente perché ti sta sulle scatole il suo personaggio umano che non hai il diritto di conoscere. Quindi qualunque telecamera così invadente, così presente nella vita privata degli artisti secondo me gli devasta dal punto di vista degli artisti. Quindi morte ai reality.

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