Sei nell’anima, recensione (no spoiler) del film biografico su Gianna Nannini

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Screen trailer Netflix

Sin da bambina Gianna Nannini ha manifestato un carattere ribelle, rifiutandosi di seguire le aspirazioni paterne – che avrebbe sognato per lei un futuro in campo sportivo – e con il sogno di sfondare nel mondo della musica, anche se la sua insegnante di canto la rimbrottava sempre perché incapace di andare a tempo con gli altri piccoli membri del coro. Adolescente Gianna decide di abbandonare la sicurezza delle mura familiari e si trasferisce a Milano, dove alloggia in un albergo a ore e fa le sue prime, traumatiche, esperienze nel mondo della droga: una delle sue nuove amiche muore addirittura per overdose. In cerca di qualcuno che produca le sue canzoni, si imbatte in Mara Maionchi che decide di finanziare il suo primo disco, inizio di un’ascesa che andrà incontro a diversi scossoni in un’Italia pronta ad accogliere una nuova voce del rock cantautoriale.

Sei nell’anima: uno stile unico – la recensione (no spoiler) del bio-pic

Come spesso accade i bio-pic a sfondo musicale rischiano di cadere nell’agiografia o nell’eccesso fine a se stesso e anche Sei nell’anima non fa eccezione, a cominciare da quel titolo che prende spunto dall’omonima hit della popolare cantante toscana, prossima a compiere settant’anni ma ancor oggi piena di energia come allora. E proprio lei ha supervisionato da vicino quest’operazione biografica, partecipando attivamente alla scelta della protagonista, ricaduta sull’esplosiva Letizia Toni: segnatevi questo nome, perché la giovane attrice – al suo primo ruolo da protagonista – buca lo schermo, rivelandosi il punto di forza maggiore di un’operazione altrimenti canonica.
Di carne al fuoco ve ne è parecchia e si attinge pienamente al vissuto, anche quello più drammatico e privato, della Gianna nazionale, qui messa a nudo anche nel complesso rapporto di amore e odio con il compianto padre, interpretato con il giusto cipiglio dall’attore teatrale Maurizio Lombardi.

Inferno e ritorno per Gianna Nannini

Ed ecco così il viaggio nel tunnel della droga, quel demone che rischia di consumare prematuramente la carriera dell’artista, alle prese con allucinazioni e ravvedimenti, tormento ed estasi. E poi le relazioni sentimentali, passioni tumultuose e illusorie, che accompagnano una donna che si rifiuta di scendere a compromessi pur di far valere la sua idea di femminilità, diventando un simbolo per la comunità LGBT e per chiunque non intendeva inquadrarsi in schemi prestabiliti.
Fondamentale la scelta delle canzoni, con i pezzi presenti sia nella versione originale della stessa Nannini sia nella reinterpretazione di Letizia Toni, che si è preparata per oltre un anno e assiduamente a questo ruolo non semplice. Dai pezzi più famosi come la titletrack e Morta per autoprocurato aborto sino alla più recente 1983, la musica gioca un ruolo fondamentale nel coinvolgere il pubblico, permettendogli di chiudere un occhio e “spalancare” le orecchie.

Conclusioni finali

Un film biografico convenzionale, con tutti i pro e i contro del caso, che vanta la supervisione della stessa Gianna Nannini, la quale ha contribuito in maniera determinante alla scelta della convincente protagonista Letizia Toni. Sin troppo didascalico nell’esposizione cronologica di avvenimenti senza una vera e propria coerenza, Sei nell’anima si fa forza sulle grintose canzoni che accompagnano questo percorso a ritroso, tra demoni personali e dipendenze pericolose, con gli scheletri nell’armadio messi in bella mostra, apparecchiati per il grande pubblico di Netflix che non a caso è accorso in massa.

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