Romina Falconi, il nuovo brano è “Ti saluta questo canto”: “Il romanticismo di una coppia che guarda il Festival di Sanremo sul divano” – Intervista

Romina Falconi foto M Piraccini
Romina Falconi foto di M. Piraccini

Lo scorso 13 gennaio, è uscito “Ti saluta questo canto” (Freak&Chic /ADA Music Italia), il nuovo brano di Romina Falconi, cantautrice indipendente romana di Torpignattara, nonché socia e direttrice artistica della casa discografica Freak&Chic, che ha creato insieme all’amico Immanuel CastoIl brano racconta, tra ironia e tenerezza, la storia di un amore casalingo in vestaglia e calzini, ambientato durante la visione del Festival di Sanremo. Il brano è stato scritto e composto da Romina Falconi e la produzione è stata affidata a Niccolò Savinelli e Leonardo Caminati.

Attesissimo anche il nuovo album “Rottincuore”, anticipato a sua volta dai singoli “La Suora”, “Lupo Mannaro”, “Maria Gasolina” e “La Solitudine di una Regina”. Si tratta di un concept album che la cantautrice ha immaginato come un vero e proprio trattato di psicologia, ispirato alle tante esperienze vissute e superate nella sua vita. Ogni brano rappresenta un atteggiamento estremo ed è arricchito dal “Rottocalco”, l’esclusivo magazine da collezione.

Romina Falconi, intervista

Romina, il tuo nuovo brano Ti Saluta Questo Canto è un mix di ironia e leggerezza. Cosa ti ha ispirata a raccontare una storia così intima e casalinga ambientata durante il Festival di Sanremo?

“Ho preparato un album di ombre e di peccatori, a volte goffi e delle volte seri che uscirà a maggio. Un viaggio in un passato fatto di tante persone. Prima della pubblicazione dell’album volevo regalarmi un po’ di leggerezza, raccontando il romanticismo a modo mio. Ho visto proposte di matrimonio sotto la Torre Eiffel, o su una spiaggia di Miami, ma le vere dichiarazioni d’amore sono quando devi sturare il lavello della cucina. Volevo proporre una canzone frizzantina per prepararci alla nostra settimana santa (musicale), ossia quella di Sanremo. Mi sono immaginata questa coppia mentre guardava il Festival di Sanremo che è  l’evento che tutti seguiamo anche se molti dicono che non lo seguono”.

Hai definito Sanremo come la nostra ‘settimana santa musicale’. Che ruolo ha avuto questo evento nella tua crescita musicale e nella tua ispirazione artistica?”

“Se faccio questo lavoro è grazie e per colpa di Sanremo. Da piccola rimasi folgorata dalla canzone di Faletti. Una ragazzina a quell’età che non conosce bene i fatti di Falcone e Borsellino e viene rapita da un testo come quello. Avevo intuito fin da subito che era roba forte, ma non avevo capito precisamente in che modo. Poi negli anni sono rimasta sconvolta da alcune esibizioni, mi chiedevo: si può fare pure questa roba? È stata una roba devastante, l’unico anno che non ho potuto seguire dall’inizio alla fine, è stato l’anno che ho partecipato”

“Volevo che questo brano fosse come un gioco di fantasia ma includendoci qualcosa che a livello culturale poteva essere condivisibile, ecco perchè ho scelto il festival: l’evento più longevo che abbiamo in Italia. Qualcosa di comune a tutti, ancora più del calcio. Il tutto raccontando però una vita di coppia di due che guardano la TV, ad esempio immaginandosi Beppe Vessicchio, che reputo un mito. La canzone parla di tenerezza e ironia, di mettersi in mutande e fare uno show in casa, della musica che cantiamo, dei sogni che facciamo. Che campare è un’arte e noi dobbiamo diventare i Beppe Vessicchio dei nostri desideri”

“Rottincuore” è stato definito un trattato di psicologia. Come nasce l’idea di raccontare le ombre psicologiche attraverso la musica e di accompagnarle con il Rottocalco?

“Ho preparato un disco che sembra il viaggio di Ulisse. Il mio ritorno a Itaca avverrà in primavera. È un progetto estremamente ambizioso. Vedi tutti attraverso i social tengono a mostrare una certa superiorità morale, questa è una cosa che mi fa paura e che crea una tossicità. Siamo un po’ tutti diventati istrionici. Ci siamo tutti abituati a mettere la maschera e questo sta diventando stucchevole. Una vita dove tutti vogliono essere perfetti. Io mi sono innamorata di quelli che hanno un’ombra ben in vista, perché risultano più genuini ridettò a quelli con la maschera”.

“In “Rottincuore” ogni canzone rappresenta una sorta di peccato, ognuno sta commettendo uno sbaglio, un’ombra ben in vista che va superata. Appena finivo di scrivere una canzone, andavo dai miei amici psicologi perchè volevo toccare con i guanti queste ombre. Lo scopo è di fare una carezza a tutti quelli che si sentono un po’ rotti. Non vuole essere un giudicare qualcuno, ma uno schiaffone simbolico a tutti quelli che credono di insegnarti la vita, che si credono di fare i live coach improvvisati. È stato un viaggio molto faticoso e ci sono all’interno delle cose mie personali perché ho voluto mettere le mani nel fango della nostra vita e ho voluto far uscire un po’ le “oscenità”. Quelli più criticabili volevo renderli più deliziosi possibili”.

Ciascuna canzone rappresenta un atteggiamento estremo. Quale di questi atteggiamenti ti rispecchia di più e quale è stato più difficile affrontare o raccontare?

“Sicuramente la depressione perché è fatta di tantissimi modi. Quella canzone mi ha fatto rompere la testa, è la cosa che ho vissuto e non volevo essere stucchevole, quindi è stata un argomento difficile da affrontare”.

Dal 2018 hai creato un Centro d’Ascolto che coinvolge anche una psicologa. Cosa ti ha spinta a realizzare un progetto così particolare? E che impatto ha avuto sulla tua visione artistica?”

“Faccio il Centro d’ascolto perché discograficamente ho dovuto pensare a me. Quando andavo in giro a portare i demo alle case discografiche, mi dicevano che volevo fare il pop ma che cantavo con il piede di porco e che scrivevo un po’ sopra le righe. A quel punto abbiamo creato una società, la Freak&Chic. Ho cominciato a fare uscire i primi brani, e vedevo che mi arrivano confessioni allucinanti da parte di persone che avevano voglia di raccontarsi. Fu l’occasione dell’uscita di un disco che mi fece venire l’idea di un confessionale. Man mano l’idea coinvolgeva sempre più persone e quindi da lì è nato il Centro d’ascolto. Così ho chiamato la mia amica psicologa Monia D’Addio”. 

“Ovviamente e ci tengo a precisare che non si tratta di una seduta di terapia e che non risolviamo i problemi della vita, però è un luogo dove ognuno può parlare di quello che vuole e tutto resta lì, non esce fuori. Mi piaceva che fosse presente una psicologa perché comunque sa maneggiare meglio il materiale emotivo. Ho capito che le persone hanno bisogno di essere comprese e non è che se vai sui social ti senti capita. Io mi sono sentita molto sola nella mia vita, e il mio scopo è di non far sentire solo nessuno. Il centro d’ascolto è un esperimento sociale gratuito e aperto a tutti”.

Da Torpignattara a cantautrice indipendente di successo, la tua carriera è stata un percorso pieno di determinazione. Quali sono stati i momenti più importanti che ti hanno portata dove sei oggi?

“La prima esperienza è stata Sanremo, immagina una ragazzina che canta nei piano bar e che poi si trova catapultata in questo macchinone enorme che è il Festival di Sanremo. Con gli anni ho capito che anche se non hai i santi in paradiso, al Festival di Sanremo puoi arrivarci anche con le sole tue forze. Prima di approdare su quel palco avevo firmato un contratto di esclusiva con una aaa discografica, abbiamo fatto un disco che non è uscito e sono stata “parcheggiata” per molto tempo. A quell’epoca dovetti rimboccarmi le maniche, solo che non avrei potuto fare l’impiegata e poi dire al mio capo domani ho un concerto, oppure esce il disco e quindi mi serve un giorno di permesso. Iniziai così a lavorare come investigatrice privata, le donne sono molto richieste in questo settore. In quel momento capii che non è tutto oro quello che luccica, e da lì è ripartito tutto. Abbiamo creato la società con i miei amici, all’inizio è stato un dolore di pancia, oggi realizziamo giochi di carta, spettacoli. Siamo felici di produrre le nostre cose. Una cosa che non si dice mai della musica indipendente è che noi indipendenti lavoriamo il doppio, però hai una libertà di poterti esprimere che molti non hanno”. 

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