Roberto Saviano choc dalla pagine del Corriere della Sera. L’autore di ‘Gomorra’ in una lungo articolo pubblicato per il quotidiano ha raccontato i retroscena della sua vita. Una vita sotto scorta da quando aveva 26 anni; una vita fatta di lotte continue con se stesso, ma anche con gli altri. Le parole del giornalista e scrittore risuonano fortissime il giorno dopo la condanna al boss Bidognetti e al suo legale che in passato lo avevano minacciato coinvolgendo anche la giornalista Rosaria Capacchione.
Roberto Saviano: “sarebbe stato meglio se mi avessero ammazzato”
Roberto Saviano ha affidato al Corriere il suo grido. Parole forti e pesanti come macigni quelle pronunciate dall’autore di “Gomorra” che da 26 anni ha perso la sua libertà e vive sotto scorta.
“Sarebbe stato meglio se mi avessero ammazzato” – scrive Saviano precisando che questo pensiero l’ha fatto in passato, ma lo fa ancora oggi. Lo scrittore di suo pugno ha aggiunto:
Molte cose sono cambiate, vorrei gridarlo che moltissima luce è stata fatta e che ogni pagina scritta e letta è stata una torcia. Ma non riesco a crederci per davvero. E ora che sono davanti a questa sentenza, ora che leggo le motivazioni che tracciano le ragioni della mia sofferenza, della mia non vita, che faccio ? Provo a spiegare cosa furono quelle minacce?
Saviano con una grande lucidità spiega: “la strategia era quella di mettermi a tacere, in qualsiasi modo. Il messaggio fu semplice: se la Corte d’Assise d’Appello confermerà le condanne emesse nel primo grado del processo Spartacus, colpiremo chi ci ha tormentato da decenni in Campania senza mai desistere (e spesso da sola!), colpiremo Rosaria Capacchione. E colpiremo chi aveva acceso la luce e ci ha fatto «andare in America» (come disse il boss Antonio Iovine, nel corso del suo esame durante il processo che si era tenuto a Napoli), colpiremo Roberto Saviano”.
Quelle minacce hanno segnato la sua vita per sempre. Da 26 anni, infatti, Saviano vive sotto scorta, una vita a metà come ha sempre raccontato proprio la penna del romanzo best-seller ‘Gomorra’.
“Avevo solo 26 anni e mi disprezzo per non aver saputo salvare la mia vita; per non essere stato in grado di mollare senza rilanciare, quando ancora potevo farlo” – scrive Saviano dalle pagine de Il Corriere della Sera.
Roberto Saviano: “se potessi chiederei solo di camminare libero. Null’altro”
Non solo, lo scrittore e giornalista aggiunge: “mi disprezzo per non aver taciuto, per aver continuato a lottare. Oggi mi accorgo che più si parla di potere criminale e più questo Paese ha vergogna. Dinanzi a questa viltà, a questo non sapere — e volere — agire e a questo non sapersi unire, durante tutti questi anni, la soluzione è stata spesso dire, e scrivere, che ero io il pagliaccio, come mi appellò don Nicola Schiavone a Casal di Principe. La scorciatoia è stata vomitare che ero io l’errore e che queste cose sempre ci sono state e per sempre ci saranno“.
La sentenza che ha condannato il boss Bidognetti e al suo legale, Santonastaso, spingono Saviano ad una importante riflessione:
Cosa ci faccio con la verità processuale? Se avessi modo, vorrei solo carezzare uno per uno il viso di chi c’è stato, di chi c’è, di chi legge e di chi mi ha difeso. Sussurrare che mi hanno salvato la vita o quel che ne rimane.
Poi un pensiero è per chi l’ha sempre sostenuto: “ai lettori, a chi mi ha dedicato un pensiero, un post, persino una preghiera, che devo tutto a loro. Tutto? Non tutto, ma la parte buona: quello che di me non è peggiorato, non è diventato cinico, non è incattivito, non è crollato al cospetto della delusione”, ma anche ai carabinieri che da 26 anni lo proteggono.
“Mi sopportano. E mi chiedo quanto deve essere pesato anche a loro vivere blindati con me, sentendo quest’infinito cachinno addosso ma con la necessità di dover presidiare ogni spazio” – scrive Saviano che conclude la sua lunga lettera pensando al futuro e condividendo con i lettori un solo grande desiderio: “non torna più nulla. Avevo solo 26 anni e ora se potessi chiederei solo di camminare libero. Null’altro“.