Resta con me, la recensione del film ispirato a una storia vera

Resta con me

La giovane Tami Oldham arriva a Tahiti e proprio lì incontra Richard Sharp, un marinaio inglese che la invita a cena a bordo della sua barca Mayaluga; trascorrono molto tempo insieme e si innamorano, ma il destino ha in serbo per loro piani ben diversi.

Un giorno i due si imbattono nella coppia formata da Peter e Christine Crompton, proprietari di Hazaña, un lussuoso yacht, che offrono a Richard la cifra di diecimila dollari per riportare il veliero fino a San Diego, in California, casualmente proprio città natia di Tami. La ragazza decide di seguire l’amato in quel lungo viaggio, ignara di cosa li attende: vengono infatti sorpresi da una violenta tempesta che li costringe a diversi giorni alla deriva in pieno Oceano, senza che nessuno sia a conoscenza della loro posizione…

Resta con me: fino alla fine del mondo, la recensione

Il regista islandese Baltasar Kormákur ha sempre avuto una profonda passione per il mare, tanto che il suo secondo lavoro dietro la macchina da presa porta tal titolo, ovvero Il mare (2002). Ed è sempre stato affascinato dai potenziali disastri in agguato o da storie vere che hanno visto proprio in cataclismi o affini un ipotetico sfondo tragico, come nel sottovalutato Everest (2015). Non è difficile quindi comprendere l’attenzione con il quale si è rivolto all’incredibile storia vera dal quale Resta con me è tratto, ossia la vicenda realmente accaduta a Tami Oldham, protagonista suo malgrado nel 1983 di un evento drammatico.
E il film ci trascina subito nel cuore di quest’incubo, con la ragazza che si ritrova alla deriva in mezzo all’oceano in completa solitudine, prima di recuperare qualche tempo dopo il fidanzato, gravemente ferito, proprio tra quelle acque che soltanto qualche ora prima si agitavano tempestose.

Avanti e indietro

La scelta è quindi quella di due piani narrativi che si alternano, con il presente diretto verso il futuro che si inframezza al passato diretto verso il presente, mostrandoci quanto avvenuto nei cinque mesi precedenti alla situazione che si sta ora consumando davanti agli occhi dello spettatore.

Spettatore che avrà modo di essere emotivamente coinvolto da questa love-story, messa di fronte a un ostacolo apparentemente insormontabile. Una storia d’amore che trova ideale trasporto grazie alle interpretazioni di Sam Claflin e – soprattutto – di una Shailene Woodley in uno dei ruoli più intensi della sua carriera, sofferta e risoluta a seconda dell’occasione in scene che la mettono alla prova anche fisicamente.

Il regista soltanto pochi anni prima aveva firmato un titolo concettualmente molto simile come The Deep (2012), anch’esso prendente spunto da fatti realmente successi, e dà vita a scene credibili quando la furia della natura si scatena sui malcapitati protagonisti, riuscendo al contempo a infondere quel giusto senso di incertezza e di spaesamento quando è il dramma a prendere il sopravvento, con quest’imbarcazione dispersa in mezzo al nulla e con la speranza che diminuisce giorno dopo giorno.

Conclusioni finali

Il titolo italiano Resta con me, a differenza dell’originale Adrift – ovvero alla deriva – rischia di essere parzialmente spoileroso, preferendo concentrarsi sul rapporto esistente tra i due protagonisti, che si ritrovano persi nell’immensità dell’oceano con scarsità di provviste e condizioni di salute che peggiorano inesorabilmente.

Baltasar Kormákur adatta per il grande schermo una storia realmente accaduta, con palcoscenico quel mare da lui così tanto amato e indagato, sfruttando al meglio la struggente performance di Shailene Woodley, forse mai così convincente.

Per un film a tratti prevedibile anche nell’alternanza di piani temporali e nella gestione dell’impatto emotivo, ma che trova la giusta chiave survivalistica per arrivare furbamente al cuore del pubblico.

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