Rebel Ridge, la recensione dell’action-thriller (no spoiler)

Rebel Ridge

Terry Richmond è un uomo di colore che a bordo della sua bicicletta attraversa una piccola cittadina nelle campagne dell’Alabama, quando una pattuglia della polizia lo investe da dietro facendolo cadere a terra. I due agenti bianchi lo perquisiscono come se fosse un criminale, nonostante Terry sia completamente collaborativo; la situazione prende però una piega imprevista quando rinvengono trentaseimila dollari in contanti nel suo zaino.

Terry assicura che quella è la cifra necessaria per pagare la cauzione del cugino, prossimo ad essere trasferito in un carcere di massima sicurezza dove la sua vita potrebbe essere a rischio, in quanto aveva lavorato come informatore, ma i poliziotti non sentono ragioni e gli sequestrano la somma. Il protagonista ha un mese di tempo per fare causa e aprire un procedimento, ma non intende aspettarlo e nel suo tentativo di avere giustizia scopre che il dipartimento locale, guidato dal capo della polizia Sandy Burnne, ha qualcosa da nascondere.

Rebel Ridge: a caccia della verità – la recensione del film

In un’America profondamente razzista si muove questa storia di corruzione e malagiustizia, che sembra una sorta di aggiornamento in chiave contemporanea delle dinamiche alla base del primo, leggendario, Rambo (1982). Disponibile su Netflix, Rebel Ridge è un film di genere intenso e credibile che porta la firma, sia nelle vesti di regista che di sceneggiatore, di Jeremy Saulner, un nome che ormai non è più una sorpresa. Un autore capace di scandagliare con lucidità le ombre del suo Paese e che anche in quest’occasione si conferma ad alti livelli, complice una storia e un cast che lasciano il segno.

Il protagonista Aaron Pierre incrocia con ogni probabilità il ruolo della vita e al suo fisico muscoloso accompagna uno sguardo di ghiaccio che infonde il giusto carisma a una figura complessa, un ex marine pronto a prendere la situazione in mano quando si trova ad avere a che fare con le storture del sistema. E se l’ex ragazzina prodigio AnnaSophia Robb è ideale spalla nei panni dell’impiegata del comune che accetta di aiutare il Nostro, altrettanto efficace è un cattivissimo Don Johnson nei panni del villain, un capo della polizia con molti scheletri nell’armadio.

Giustizia a tutti i costi

E proprio l’illegalità vigente tra le forze dell’ordine si rende elemento focale nella resa dei conti finale, dove il dualismo poliziotto buono – poliziotto cattivo si tinge di significati inediti, lasciando ad un’azione primigenia il compito di risolvere una volta per tutte quello stallo narrativo che sembrava ingabbiare i personaggi in un percorso senza apparente via d’uscita.

Un thriller che arriva dritto al nocciolo della questione, senza perdersi in convenevoli e adombrare il racconto di situazioni inutili, con la love-story – potenzialmente inseribile – saggiamente scongiurata per concentrarsi sul cuore pulsante di una vicenda che va dritta come un treno.

Il gioco del gatto e del topo segue le regole cardine del filone in uno script che decostruisce ancora una volta il mito del sogno americano e di un Paese di facciata irreprensibile, invece schiavo dei vizi e di quel dio denaro che tutto comanda, con quella legge a convenienza che diventa ennesimo atto d’accusa verso una società che si rifiuta di ammettere i propri sbagli in favore di un pregiudizio che vince spesso e comunque, giustificato o meno che sia.

Conclusioni finali

Le due abbondanti ore di Rebel Ridge non sono soltanto avvincenti ma anche necessarie, prive di tempi morti e questo è già un vanto non da poco in un cinema contemporaneo dove spesso si abbonda inutilmente invece di asciugare. E invece in questa nuova esclusiva Netflix tutto va come deve andare, con un racconto solido e robusto come il suo protagonista, un Aaron Pierre in un ruolo che non si dimentica.

Quella che parte come un’apparente storia di razzismo si trasforma ben presto in una vicenda che svela la corruzione tra le fila della polizia di una piccola comunità, con la giustizia quale optional quando non interferisce con gli interessi di chi è al comando. Un elemento imprevisto si muove come scheggia impazzita, moderno Rambo coloured in un mondo dove la legge va “conquistata” con le unghie e con i denti, pronto a cambiare per sempre il corso degli cose.

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