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Old, la recensione del film di M. Night Shyamalan

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Prisca, un’archeologa gravemente malata, e suo marito Guy, un agente assicurativo, stanno attraversando un periodo di profonda crisi. Nel tentativo di ritrovare serenità, decidono di trascorrere una vacanza prima della separazione insieme ai loro figli, Trent (sei anni) e Maddox (uncici), in un lussureggiante e idilliaco resort.

Proprio lì la famiglia riceve dal proprietario della struttura un’offerta esclusiva, ovvero quella di trascorre una giornata in una spiaggia privata che si trova in un luogo isolato: un vero e proprio paradiso perduto, secondo il gestore. In loro compagnia vi sono altre coppie, ma poco dopo il loro arrivo la situazione prende una piega imprevista. I villeggianti scoprono infatti che il telefono non ha campo e che qualsiasi tentativo di uscire da lì è loro negato da una forza misteriosa. E con il passare dei minuti scoprono di invecchiare sempre più velocemente, una trasformazione della quale si accorgono con orrore quando i bambini / ragazzini del gruppo diventano adulti in un batter d’occhio.

Old: tutto da perdere – la recensione del film

Tutto si può dire a M. Night Shyamalan tranne di realizzare un cinema scontato. E Old, uscito nelle sale mondiali nel 2021, è l’ennesimo tassello di una filmografia senza compromessi, forse perfettibile ma indubbiamente affascinante. Ancora reduci dal recente passaggio nelle sale del sottovalutato Trap (2024), summa magnifica di un cinema teorico tra percezione e immagini, il pubblico di Netflix può ora riscoprire questo titolo ricco di inquiete sfumature, che si agitano in crescendo in cento minuti di visione dove i fan sono in attesa del canonico plot twist.

Ma è proprio l’aspettare quella rivelazione finale, probabilmente più forzata del previsto – ma un difetto di poco conto in quest’occasione – che avvolge in un pathos selvaggio e primigenio, spingendo lo spettatore a identificarsi alle prese con un evento spaventoso che rimette in gioco l’essenza stessa della vita, dove la stessa fanciullezza viene smarrita in poche ore quando l’età adulta si manifesta in maniera così assurda e traumatica.

Fino alla fine del mondo

Ridicolo e tragedia si mescolano in un mix inedito, soprattutto per ciò che concerne la caratterizzazione dei due personaggi chiave, ovvero quei bambini che prima si ritrovano a essere adolescenti e poi trentenni, scoprendo l’amore e il sesso nell’arco di minuti che racchiudono un’intera parte di esistenza. Il lutto e il senso di smarrimento vanno di pari passo con la follia che avvinghia questi personaggi in cerca di autore, interpretati da un cast solido ed eterogeneo.

Da Gael García Bernal a Vicky Krieps, da Rufus Sewell alla giovane Thomasin McKenzie e così via, il regista di origini indiane sfrutta il meglio da ognuno dei suoi attori, dando vita a figure più complesse dell’apparenza che assumono nelle loro caratteristiche sussulti universali: dalla malattia al divorzio, dai traumi passati a quelli futuri, di carne al fuoco ve ne è parecchia prima di giungere ai titoli di coda, nonostante quell’epilogo forse meno incisivo del previsto.

Ma nell’adattare la graphic novel Castello di sabbia, scritta da Pierre-Oscar Levy e disegnata da Frederik Peeters, Shyamalan trova in ogni caso la corretta chiave di lettura, trasportando su grande schermo un nuovo, ammaliante, incubo, ancora una volta – e non poteva essere altrimenti – altamente divisivo.

Conclusioni finali

Come ti comporteresti se ti rimanesse soltanto un giorno da vivere? E se in quelle suddette ventiquattr’ore il tuo corpo subisse un invecchiamento precoce? Scopritelo in Old, adattamento di una graphic novel di culto firmato da un regista altrettanto cult quale M. Night Shyamalan, che ancora una volta sviluppa suggestioni e ossessioni tipiche del suo cinema.

Un teso dramma fantastico, con quell’alone mystery che prende sempre più il sopravvento quando i malcapitati protagonisti si trovano a che fare con questa inesorabile, galoppante, decadenza che opprime i loro corpi e contamina le loro menti, in una dolorosa e traumatica discesa nella follia a tuffarsi nel tramonto che non fa sconti, fino a quel colpo di scena finale parzialmente controverso. Ma Old è soprattutto un viaggio esistenziale dove identificarsi in personaggi imperfetti e derelitti, schiavi di un tempo che fa rima con Thanatos.

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