Nino D’Angelo: “Il pubblico mi ha cambiato la vita. Canzoni in dialetto vietate a Sanremo? Un grave errore. In Geolier rivedo la mia storia” – Intervista

Nino D'angelo
Foto di Virginia Bettoja

A fine novembre tornerà ad esibirsi dal vivo nei principali palasport italiani con il tour I miei meravigliosi anni 80 e non solo. In cinque date imperdibili, Nino D’Angelo eseguirà i suoi più grandi successi, trascinando il pubblico in un viaggio musicale fatto di ricordi, passione e nostalgia. Una carriera costellata di successi e soddisfazioni personali in cui non sono mancati anche momenti difficili come quando dopo la perdita dell’amata madre precipitò in una brutta depressione.

Noi di SuperGuida TV abbiamo intervistato in Nino D’Angelo. Oltre a parlare del suo tour, Nino ha parlato dell’affetto del pubblico che è rimasto costante negli anni ma anche del successo raggiunto grazie al brano “Nu jeans e na maglietta”. Oltre alla musica, Nino D’Angelo diventò popolare anche per il suo look, l’inimitabile caschetto biondo. Proprio a tal riguardo, ha raccontato: “Negli anni 90 ho perso mia madre e dopo questa bella vita che il Signore mi aveva regalato ho conosciuto il dolore vero. Un dolore che mi ha portato a chiudermi e ad avere una bella depressione. Questo mi ha cambiato, volevo ricominciare, vedere se ero io o il caschetto ad avere successo. Invece la gente ha continuato ad amarmi e questa è stata la più grande vittoria. Tagliando il caschetto ho vinto come artista”. 

La storia di Nino D’Angelo è legata anche alla partecipazione al Festival di Sanremo a cui ha preso parte per sei anni senza però vincere. Nessuna amarezza però perché per lui partecipare è stata già una vittoriaIl cantante napoletano ha poi espresso il suo pensiero in merito alla novità introdotta da Carlo Conti che ha ammesso in gara le canzoni solo se cantate in parte in italiano.

D’Angelo però non è d’accordo: “Questa era una regola che c’era nel 1986 ma che poi fu abolita. Io ho cantato varie canzoni in napoletano e secondo me il fatto che sia stata reintrodotta questa regola è un grave errore. Il napoletano poi è una lingua, non un dialetto. La canzone napoletana è la canzone italiana per eccellenza nel mondo. Ormai a Sanremo non contano le canzoni ma le visualizzazioni. Nel corso della mia carriera, le radio non mi hanno mai passato però non mi ha difeso nessuno. Avevo quasi vinto anche un premio della critica a Sanremo ma poi non l’ho avuto con “Senza giacca e cravatta”.

Tra i giovani talenti che hanno fatto la sua fortuna cantando in napoletano c’è Geolier. E proprio Nino D’Angelo ha dichiarato di aver rivisto in lui la sua storia: “In Geolier rivedo la mia storia perché come lui sono nato in periferia. Bisogna vedere se tra 50 anni riuscirà a rimanere sulla cresta dell’onda. Ho fatto sei Sanremo e ho sempre cantato in napoletano ma credo che il fatto che Geolier abbia presentato lo scorso anno un brano in napoletano sia stato un grande errore”. Sul futuro, Nino ha dichiarato di avere ancora tante porte da aprire e ha poi concluso: “Vorrei avere il tempo per vedere anche le porte che apriranno i miei nipoti”. 

Intervista esclusiva a Nino D’Angelo

Nino, a novembre torna a cantare in tour con “I miei meravigliosi anni 80 e non solo”. Che anni sono stati quelli per lei?  

Gli anni 80 sono stati i più bei anni della mia vita perché ho creato una famiglia, mi sono sposato e ho iniziato ad avere un grande successo. Insomma, in quegli anni ho fatto davvero tutto, film compresi. Negli anni 90 è poi iniziato un cambiamento.

Tantissimi i brani di successo che hanno segnato la sua carriera. C’è n’è uno in particolare al quale è affezionato?  

Sicuramente “Nu jeans e na maglietta” ha risolto tutti i problemi della mia vita. Come potrei non amare questo brano. La amo e non perché sia la più bella canzone ma perché è quella che mi ha dato di più anche in termini economici. Grazie a questo brano ho avuto una vita più facile. 

Ciò che non è cambiato negli anni è l’affetto del pubblico. La stupisce ancora?

Il mio pubblico è la mia famiglia. Ho un pubblico composto da milioni di persone. Ho un rapporto bellissimo con la gente perché quelli che mi amano sono come me. E’ gente che ha sofferto, è gente onesta, è gente che ha tutti i valori che oggi non ci sono più e si rifugiano nelle mie canzoni per ritrovarli. 

Come si fa a restare dopo tanti anni sulla cresta dell’onda? 

Penso che si resti sulla cresta dell’onda con la verità, l’umiltà, con il farsi volere bene. o cercato sempre amore anche se ne ho avuto tanto dalla mia famiglia che l’unica cosa che poteva darmi era l’affetto. Ho continuato ad essere povero anche da ricco, ho continuato ad avere quei valori lì. Nella povertà ho trovato delle cose che nella ricchezza non avrei mai trovato. 

Al Maradona visto però anche commosso perché se è vero che la vita con te è stata generosa è pur vero che agli inizi non è stato facile. C’è qualcosa di positivo che ha trovato nella povertà?

Ho scoperto i valori della vita, la famiglia(si commuove). La famiglia è il più grande valore in assoluto. 

Però poi il successo è arrivato soprattutto con Nu jeans e na maglietta. Da quel momento cominciò il fenomeno Nino D’Angelo con il suo inconfondibile caschetto biondo. Un look che lo ha sempre contraddistinto. Decise di tagliarlo solo quando morì sua madre.  

Il vero successo l’ho conosciuto negli anni 80. Un successo che è stato anche tanto snobbato, ho avvertito tanto pregiudizio. Negli anni 90 ho perso mia madre e dopo questa bella vita che il Signore mi aveva regalato ho conosciuto il dolore vero. Un dolore che mi ha portato a chiudermi e ad avere una bella depressione. Questo mi ha cambiato, volevo ricominciare, vedere se ero io o il caschetto ad avere successo. Invece la gente ha continuato ad amarmi e questa è stata la più grande vittoria. Tagliando il caschetto ho vinto come artista.

Come è riuscito ad uscire dalla depressione? 

Bisogna fermarsi e pensare a sé stessi perché la depressione è una malattia patologica. E’ importante rivolgersi ad uno specialista. Io mi sono preso una pausa e ci ho messo un po’ di tempo. 

Lei ha partecipato sei volte al Festival di Sanremo però non ha mai vinto. C’è stata un po’ di amarezza?

No perché io l’ho vinto ogni volta che ho partecipato. Un cantante napoletano non può vincere Sanremo, è difficile. Il popolo mi ha cambiato la vita. Non ho bisogno di Sanremo, anzi se mi offrissero di partecipare neanche ci andrei. Non mi interessa più. 

Rimanendo in tema Sanremo, Carlo Conti ha introdotto una novità quest’anno sulle canzoni in dialetto. Saranno ammesse in gara le canzoni solo se in parte saranno cantate in italiano. Qual è il suo pensiero in merito?

Questa era una regola che c’era nel 1986 ma che poi fu abolita. Io ho cantato varie canzoni in napoletano e secondo me il fatto che sia stata reintrodotta questa regola è un grave errore. Il napoletano poi è una lingua, non un dialetto. La canzone napoletana è la canzone italiana per eccellenza nel mondo. A Sanremo dovrebbe scegliere le canzoni chi conosce la vera musica. Ormai a Sanremo non contano le canzoni ma le visualizzazioni. Nel corso della mia carriera, le radio non mi hanno mai passato però non mi ha difeso nessuno. Avevo quasi vinto anche un premio della critica a Sanremo ma poi non l’ho avuto con “Senza giacca e cravatta”. 

Lei ha indicato in Geolier il suo erede. Cosa rivede in lui? 

In Geolier rivedo la mia storia perché come lui sono nato in periferia. Bisogna vedere se tra 50 anni riuscirà a rimanere sulla cresta dell’onda. Ho fatto sei Sanremo e ho sempre cantato in napoletano ma credo che il fatto che Geolier abbia presentato lo scorso anno un brano in napoletano sia stato un grande errore.

Si dice spesso che nel mondo della musica e dello spettacolo sia difficile avere amicizie vere. Tra i colleghi è riuscito a farsi qualche amico?  

Purtroppo quelli che erano miei amici sono morti quasi tutti. Io non potrò mai essere amico di mio figlio perché ha un’altra età rispetto a me. Non potrò mai essere amico dei giovani talenti di oggi perché per loro posso essere un padre o al massimo un nonno. 

A luglio è diventato nonno per la sesta volta. Che nonno è e quanto è stata fondamentale la famiglia nella sua carriera? 

La famiglia è stato il dono più grande che mi ha regalato il Signore e secondo me è alla base di tutto. Oggi purtroppo la famiglia è malata, non esiste più dialogo perché stanno tutti con i cellulari in mano. 

Lei è un grande tifoso del Napoli. Come sono stati i primi 100 giorni di Conte? 

Bellissimi, siamo primi in classifica. Conte è un grande allenatore, ha una bella squadra, io mi fido molto di lui perché ha cambiato la mentalità dei tifosi. Sono molto fiero che il Napoli abbia un allenatore come lui. 

Ha paura del tempo che passa? 

Sì certo, avrei voluto rimanere giovane ma il tempo passa. Ho paura di lasciare questo mondo per i miei nipoti che rimarranno. Io ho vissuto la mia vita e mi godo quello che ho fatto ma questo mondo non mi piace. Non è andato avanti bensì oltre. Andare avanti significa emanciparsi ma quando si va oltre è pericoloso. Io amo molto i giovani, mi fanno tenerezza. 

Ce l’ha ancora una porta da aprire?  

Per non annoiarsi bisogna sempre avere delle porte da aprire. E poi spero di vedere quelle che apriranno i miei nipoti. 

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