Nightbitch, la recensione dell’horror sulla maternità

Nightbitch

Un’artista ha messo in pausa la sua carriera artistica per dedicarsi ventiquattr’ore su ventiquattro al ruolo di madre, arrivando a sacrificare non soltanto la sua passione ma anche la sua saluta fisica e mentale. Arrivata sempre più a trascurarsi, ingrassata e sull’orlo di un esaurimento nervoso, non si sente adeguatamente supportata dal marito – spesso assente per impegni di lavoro – e comincia a soffrire di quella che sembra una tipica crisi di mezz’età.

Ma in Nightbitch ciò che sta attraversando la protagonista è in realtà qualcosa di molto diverso, in una sorta di trasformazione che libera i suoi istinti primordiali e la porta a pensare di essere capace di trasformarsi in un cane. I suoi comportamenti sempre più strani e degli antiestetici bubboni spuntati sul suo corpo la spingono a ricercare una nuova libertà e a ritrovare finalmente quella se stessa perduta da tempo.

Nightbitch, recensione: un battito animale

Fin dal prologo dove la protagonista incontra un’amica al supermercato e alla classica, convenevole, domanda “come stai?” risponde con un esasperato eloquio sullo stress quotidiano, il tentativo è chiaramente quello di rompere la quarta parete, in uno slancio metaforico che d’altronde caratterizzerà poi tutto il film. E non è un caso che in Nightbith, adattamento dell’omonimo romanzo di Rachel Yoder, i personaggi principali non abbiamo un nome, a incarnare il ruolo di Madre – Marito e Figlio, figure archetipiche per un approccio universale.

Perché la maternità è brutale e i sacrifici vissuti in prima persona da una donna, a cominciare proprio dal parto quale emblema di dolore e sofferenza, si catalizzano qui in forma animale: soltanto nella sua apparente contaminazione canina, versione soft della più indagata licantropia, la Nostra ritrova quel barlume di indipendenza che segnerà poi anche i suoi eventi domestici e personali prossimi futuri.

Il mio corpo che cambia

Disponibile nel catalogo di Disney+, Nightbitch è un film che vuole dichiaratamente parlare al grande pubblico, richiamando l’audience femminile a una situazione vissuta o ancora da vivere e auspicando la nascita di relativi spunti di riflessione nella platea maschile, affrontando il tutto tramite le chiavi del cinema surreale e fantastico. Una scelta che cozza volutamente con la verosimiglianza, annacquando il contesto e l’effettiva utilità dell’ambiente e delle figure secondarie, per instradarsi sulle vie di un body-horror all’acqua di rose, più concettuale che effettivamente di genere (per quanto un paio di passaggi leggermente disturbanti non manchino).

Ma se in tempi recenti il grande successo di The Substance (2024), fresco di cinque candidature agli Oscar, aveva mostrato come il filone potessi aprirsi con maggior coraggio a tematiche complesse, qui l’impressione è che si sia parzialmente frenata la carica più potenzialmente eversiva, compensando la mancata anima dark con un’ironia che non va sempre a segno. Lodevole in ogni caso la prova di Amy Adams, complessata al punto giusto per un ruolo che necessitava di un’interpretazione di livello per trascinare i novanta minuti di visione, senza momenti di effettiva stanca.

Conclusioni finali

Madre di un bambino piccolo, la protagonista ha sacrificato le sue ambizioni personali per crescere l’amato pargolo ma ora, stanca di quella routine diventata per lei insostenibile, inizia a essere vittima di una trasformazione radicale che riporta alla luce i suoi istinti primordiali, liberandoli sotto una forma animale.

La ricerca di identità e di libertà di una donna provata dalla maternità è al centro di Nightbitch, bizzarra commedia nera contaminata dall’horror, che si affida alla travolgente performance di una Amy Adams che si mette letteralmente a quattro zampe, in un personaggio costretto a mutare per ritrovare se stessa e il proprio equilibrio. In un film forse sbilanciato e non sempre coeso nella sua verve metaforicamente inverosimile, ma che fa suo un femminismo moderno e non inutilmente petulante.

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