Michele Bravi è uno dei protagonisti musicali in gara alla 72esima edizione del Festival di Sanremo 2022 con il brano “Inverno dei fiori”.Nella serata di ieri, quella dedicata alle Cover, Michele ha portato sul palco del Teatro Ariston di Sanremo il brano “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi”, una canzone portata al successo da Lucio Battisti e scritta nel 1972 proprio dalla coppia artistica Battisti-Mogol. Noi di SuperGuidaTv abbiamo avuto il piacere di intervistare Michele Bravi e con lui abbiamo parlato della sua partecipazione al Festival di Sanremo, del bellissimo gesto dedicato ai suoi nonni, quello di portare le fedi sul palco dell’Ariston, dei complimenti ricevuti da Morgan, di quelli fatti da lui a Drusilla Foer e del suo percorso nel mondo del cinema.
Michele Bravi: l’intervista esclusiva a Sanremo 2022
Hai mostrato sul palco le fedi dei tuoi nonni, qual è l’insegnamento che ti hanno trasmesso?
“Nel mio brano sanremese dico: insegnami come si fa ad imparare la felicità, ed è una frase che in qualche modo i miei nonni si sono detti tutti i giorni per tutta la vita. Stare insieme, sapersi rispettare, saper condividere la vita nonostante il gelo, il freddo di un inverno che piò arrivare. I miei nonni hanno avuto una vita molto complessa, non semplicissima. Io ho un’idea altissima dell’amore, del legame umano e questo lo devo a loro, che mi hanno insegnato quanto un atto di gentilezza possa contenere già in se il seme della rinascita. È una cosa che io faccio sempre, nelle prime serate le fedi le avevo nel taschino e le avrò anche alla finale. Quella canzone in particolare, mia nonna era una grandissima fan di Battisti, di tutto il mondo cantautorale. Poterli portare sul palco era un piccolo momento di egoismo che volevo concedermi durante Sanremo”.
Che aspettative avevi sul Festival e se sono state soddisfatte?
“Io quest’anno non mi sono presentato con aspettative. Guarda non vorrei passare per paraculo, però quando non puoi esibirti per anni, non puoi incontrare il pubblico, significa non avere una dignità professionale, significa non poter sfogare la propria emotività, significa non poter respirare di quello scambio umano di cui tu hai bisogno. In questo momento vedere un Festival che sta facendo dei numeri incredibili, le persone hanno voglia di ascoltare le canzoni, hanno voglia di immergersi nella visione creativa delle persone. Sono fortunato ad essere una di queste persone. Per me, ti dico che, il privilegio più grande è poter entrare in questo momento, con la mia musica nella casa di tutti gli italiani, con la speranza che questa piccola affacciata che mi faccio nella casa delle persone le spinga a invogliarsi anche ad andare a dei concerti, ad approfondire anche di più la musica dal vivo. Ti dico, per me l’aspettativa era ritrovare le persone, e questa cosa con questo Festival sta succedendo per tutti gli artisti e quindi sono grato di tutta la luce che stiamo ricevendo come professionisti dello spettacolo”.
Il videoclip ti ha visto esordire come regista, hai anche partecipato come attore alla serie tv “Monterossi”, c’è un tuo avvicinamento al mondo del cinema in questo momento?
“Assolutamente, il cinema è da sempre stata la mia più grande passione, forse anche prima della musica, ed è una cosa su cui mi sono sempre riservato di non espormi troppo, perché avevo questo auto-pregiudizio di dire: se sei conosciuto come cantante puoi solo cantare. Invece mi sono quasi imposto, in questo periodo forse perché ho perso un po’ di pudore, un senso di creatività molto più ampio, senza troppi limiti. Il cinema nella mia vita esiste, la voglia di stare dietro e davanti alla telecamera c’è. Tu adesso citavi la serie di Roan Johnson. Questi momenti cinematografici mi stanno dando la possibilità di collaborare, di assorbire come una spugna dai più grandi nomi del cinema italiano: Roan Johnson, Fabrizio Bentivoglio, quest’anno uscirà il nuovo film di Carolina Cavalli con Benedetta Porcaroli, mi sta aiutando molto entrare nella scrittura degli altri, in una personalità che non è la mia ma è quella dei personaggi, è quasi un lavoro empatico che mi aiuta nella la mia scrittura musicale ad aprirsi di più”.
Hai riservato delle parole molto intense a Drusilla Foer, il fatto che lei abbia conquistato quel palco è stato un traguardo importante e al passo con i tempi in qualche modo?
“È un traguardo importante. Io ho un pensiero più ampio per quanto riguarda la sua presenza sul palco. Non vedo la sua presenza come una simbologia di una comunità. Vedo la sua presenza come un grande fattore di professionalità. Drusilla è una professionista incredibile, ha una comicità che eredita tutto il talento di Paolo Poli, racconta questo tipo di ironia colta, raffinata elegante, che tocca le mie corde. Vedere una grandissima professionista su quel palco racconta, non tanto la sua unicità, ma la sua incredibile preparazione nel mondo dello spettacolo. Se io ti dovessi dire: troviamo qualcuno che rappresenti il mondo dello spettacolo, Drusilla è un gran nome per farlo”.
Hai ricevuto il supporto di Morgan dopo l’esibizione. Lui è stato il tuo insegnante a XFactor, ti ha descritto come: l’artista con la “A” maiuscola, ti ha fatto piacere?
“In generale mi piace molto la lusinga, soprattutto poi se arriva da una persona che mi ha dato anche la possibilità di costruirmi come artista. Io a Marco ho, passami il termine, “rubato” tanto artisticamente, mi ha aiutato a tirare fuori delle cose, ecco prima parlavo della perdita di pudore, lui in quel senso mi ha aiutato tanto. Ricevere i suoi complimenti, le sue parole affettuose è bello”.
Rispetto a quando sei uscito da XFactor quali consapevolezze in giù hai maturato come Michele?
“Sono proprio un’altra persona. Quando ho fatto XFactor ero appena maggiorenne, adesso sono vicino ai trent’anni, nel frattempo in questi dieci anni ho vissuto 63 vite. Al di là della consapevolezza professionale, per fortuna ho avuto la possibilità di portare avanti il mio lavoro, e quindi anche di conoscermi di più dal punto di vista proprio tecnico della professione. Però c’è proprio un cambiamento, che non è tanto dovuto al lavoro che faccio ma a fasi della vita. La stranezza è che io ho fatto il mio percorso di crescita sotto i riflettori, già davanti alle telecamere, e tu quando vieni fermato in un’immagine, le persone si dimenticano che continui a crescere e continui ad evolverti, quindi per me è difficile creare una connessione con Michele bambino che si affacciava sulla sua volontà di rendere una sua passione una professione”.
Tra gli artisti in gara c’è qualcuno con cui vorresti collaborare? So di una passione per Massimo Ranieri.
“Infatti ti avrei risposto subito Massimo Ranieri. Il suo portamento, la sua dedizione, lui è un performer impeccabile. Io sono cresciuto con il suo modo di fare musica. Mi ricordo da ragazzino quando mia nonna ascoltava “Perdere l’amore”. Lui quando canta sembra che stia respirando, non noti fatica, ha una distensione così ampia che permette al pubblico di entrare completamente dentro la sua persona, dentro l’esibizione che sta facendo, per me è un grande. Se tu mi chiedi cosa vuoi diventare? Io ti rispondo Massimo Ranieri. Sarebbe bello ma non so se riuscirei a farlo. Se Massimo mi dovesse chiedere cantiamo qualcosa e come se qualcuno ti dice disegna i baffi sulla Gioconda. Massimo è veramente un grandissimo professionista, un’ispirazione enorme”.
Hai partecipato ad un talent come concorrente ma se ti proponessero di fare il giudice o l’insegnate di un talent?
“Sarei molto contento perché pagherei un sacco di rate del mutuo della casa quindi perché no. Scherzo in realtà non so se sarei in grado di farlo, non mi è mai successo, nessuno me l’ha mai chiesto. Se mai succederà, ci penserò”.
Michele Bravi nel salutarci dice: “Guarda io ringrazio sempre tutti, sembra piaceria però trovare dei momenti in cui voi giornalisti ci aiutate a raccontare la nostra musica, questa è una settimana complicata per tutti perché anche voi passate da un artista all’altro, fate mille cose, e trovare degli spazi è incredibile, quindi grazie del lavoro che fate perché ci aiutate un sacco”.