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May December, la recensione del film drammatico (No spoiler)

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La famosa attrice Elizabeth Berry è prossima a interpretare un nuovo e impegnativo ruolo, ispirato a una storia realmente accaduta. Per entrare al meglio nella parte, decide di andare a conoscere i veri protagonisti della vicenda e trascorrere qualche giorno insieme a loro, al fine di carpirne i segreti e quell’intimità necessaria al fine di dare il meglio davanti alla macchina da presa.

Elizabeth vestirà i panni di Gracie Atherton, una donna che nel 1992 fece scandalo per aver avuto un rapporto sessuale con Joe Yoo, un ragazzino coreano di tredici anni compagno di scuola di suo figlio, nonostante lei fosse già sposata e avesse ben ventitrè anni in più di lui. Condannata a diversi anni di carcere, proprio dietro le sbarre ha dato alla luce una bambina frutto di quell’unione; al termine della sua pena, Gracie e Joe sono andati a vivere insieme, diventando nuovamente genitori di una coppia di gemelli.

May December: ritratto di signora – la recensione del film

Un film torbido e magnifico, che prende liberamente spunto dalla vera storia di Mary Kay Letourneau, che scioccò ai tempi l’opinione pubblica d’Oltreoceano e che qui viene modificata per nomi e luoghi, ma non per la sostanza degli eventi.

Un fatto di cronaca che scopriamo prima tramite articoli di giornali e dialoghi suggerenti e poi con l’addentrarsi sempre più in profondità da parte di questa star del cinema, cominciante un gioco di similitudini e di vampirismo con la figura che si ritroverà, per contratto, a dover interpretare su grande schermo.

Non è un caso che proprio gli specchi siano al centro di due dei passaggi più significativi, con le due donne fianco a fianco in un’attrazione / repulsione che ne mette a nudo le comprensibili idiosincrasie, aumentando gelosie e non detti in un rapporto già di per sé complicato.

Più che scavare nel gossip al regista Todd Haynes interessa la psicologia di queste personalità complesse, tra sicurezze e incertezze, con l’amore e il sesso che danzano in un ballo pericoloso, pronto a destabilizzare una situazione che già cominciava a manifestare qualche crepa, tra gioventù perdute e quel tempo che avanza, inesorabilmente, per tutti.

May December: dentro e fuori

Dopo il magnifico Carol (2015), Haynes racconta nuovamente un ritratto di due splendide, controverse, figure femminili, tornando a lavorare con Julianne Moore ad oltre vent’anni di distanza dal sirkiano Lontano dal paradiso (2002): e proprio la rossa attrice brilla immensamente così come la sua co-protagonista, una altrettanto magnifica Natalie Portman. Una gara di carisma e fascino che non lascia indifferenti, ma colpevolmente ignorata agli Oscar del 2023 dove invece ottenne la candidatura, senza poi successo, la sceneggiatura originale di Samy Burch.

D’altronde May December, disponibile su NOW, è un film ambiguo e scomodo, forse non a prova di grande pubblico ma capace di intercettare toni noir “antichi”, in una contrapposizione ammaliante e inquieta, accompagnata da un’insinuante colonna sonora sempre pronta a sottolineare al meglio i sussulti emotivi di un racconto insidioso, dal quale lasciarsi conquistare minuto dopo minuto, abbandonandosi a quest’illuminante esaltazione delle zone grigie, tra il bene e il male.

Conclusioni finali

Un film di ombre e specchi May December, segnato dal rapporto tra le due protagoniste, frutto di echi bergmaniani e suggestioni noir, in un approccio vampirico dove il recitare prende sopravvento sulla vita reale, cannibalizzandola anche a costo di imprimere ferite difficili da rimarginare.

Una diva del cinema e una donna di mezz’età che fece scandalo per aver sedotto un ragazzino di tredici anni, ragazzino con il quale dopo aver scontato l’ovvia condanna si è costruita una famiglia apparentemente felice.

Natalie Portman e Julianne Moore sono anima, corpo e cuore di un film scomodo e affascinante, con la regia di Todd Haynes che fotografa al meglio le incomunicabilità dei legami e l’ansia di un futuro incerto, figlio di un passato traumatico, difficile da dimenticare e da perdonare anche sotto il rassicurante limbo dell’amore.

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