Dopo che i suoi genitori hanno perso la vita in un drammatico incidente d’auto, la piccola Cady – otto anni appena – viene mandata a vivere con sua zia Gemma. La donna lavora nel reparto di robotica della Funki, una compagnia di giocattoli ad alta tecnologia con sede a Seattle. Gemma sta utilizzando segretamente le risorse dell’azienda per sviluppare M3GAN (Model 3 Generative Android), una bambola robot umanoide dalle fattezze di una bambina, alimentata da una rivoluzionaria intelligenza artificiale e progettata per essere l’ideale compagna di giochi per i più piccoli.
Durante un test fallito di M3GAN nel loro laboratorio, il capo di Gemma viene a conoscenza del progetto e impone l’interruzione dei lavori. Ma Gemma è motivata e non demorde, al punto che decide di portarne un prototipo a casa. Cady instaura un legame profondo con il robot e finalmente anche il boss della società sembra convinto ad avviarne la produzione, ma…
M3GAN: amici come prima – la recensione
Aggiornare il modus operandi horror tipico delle bambole assassine – qualcuno ha detto Chucky? – al nuovo millennio e alle tecnologie contemporanee, con quell’intelligenza artificiale profetizzata da Terminator che diventa sempre più evoluta e potenzialmente pericolosa: questo era l’obiettivo di M3GAN, centrato solo in parte.
Dal punto di vista ludico l’operazione funziona benissimo, con una manciata di scene madri di spessore e la sequenza del “balletto” diventata ormai iconica, non soltanto tra gli appassionati del filone. L’anima slasher e di genere, per quanto patinata, è così in grado di offrire il necessario intrattenimento a tema, almeno dal punto di vista estetico e leggero, finendo per porsi anche a un pubblico più ampio ed eterogeneo del previsto.
Mostri e uomini
Non si può dire lo stesso per l’approfondimento psicologico dei personaggi e per il discorso sulla tecnologia che va di pari passo con la disumanizzazione sempre più imperante, dove per ovviare alla mancanza di socialità si opta per dei surrogati che vadano a sostituire amicizie reali. Lo spunto sulla carta era anche interessante, ma è stato approcciato senza troppa convinzione, puntando tutto sull’anima più cool e commerciale, con l’humour nero che fa più volte capolino nello scorrere dei tumultuosi eventi.
Ideale in tal senso la scelta di Alison Williams, frizzante e luminosa al punto giusto nelle vesti di zia / inventrice. Se in fase di sceneggiatura vi è la mano di uno dei maestri dell’horror moderno, ovvero James Wan che ne ha curato il soggetto, e in produzione quella del factotum Jason Blum, il successo è assicurato e non a caso M3GAN ha ottenuto un notevole exploit al botteghino – rimarcato anche dal pubblico di Netflix, che lo ha fatto entrare subito in top 10 – tale da garantirgli un sequel di prossima uscita.
D’altronde le fattezze apparentemente rassicuranti ma in realtà assai inquietanti di questa bambola androide, realizzata tramite animatronic e ricalcata sulle espressioni facciali e labiali della giovane attrice e ballerina Amie Doland, sono troppo caratteristiche per esaurirsi nell’arco di un solo film.
Conclusioni finali
Una bambina reduce dalla perdita di entrambi i genitori trova conforto in un prototipo di bambola robot costruito dalla zia, che lavora nella sezione robotica di un’azienda di giocattoli. M3GAN è destinata secondo le previsioni a diventare la migliore amica dei più piccoli in ogni angolo d’America, ma qualcosa ovviamente andrà storto…
Una horror-comedy atipica, parzialmente stonata per i puristi ma a proprio modo accattivante e originale nel suo mix di toni e umori, con una discreta violenza e tensione di genere a far capolino qua e discorsi più o meno sensati sul pericolo delle I.A., sempre comunque filtrati attraverso un’ottica leggera che tenta di aggiornare il mito di Chucky ed emuli alle nuove generazioni, con tutti i pro e i contro del caso.