La stanza, film in streaming su Prime Video e diretto da Stefano Lodovichi, ha un principale punto di forza ed è la cura che il regista mette nel lavoro fatto sui dettagli. L’apertura mostra immmediatamente la Stella di Camilla Filippi in piedi sull’orlo di una finestra. Indossa un abito da sposa completamente zuppo ed ha la fede al dito in primo piano. Fuori imperversa una tempesta, con gli scrosci d’acqua che accompagnati dal frastuono dei tuoni. I primi trenta secondi immergono dentro la storia, donando le coordinate di un racconto dove la turbolenza familiare è divenuta insormontabile.
Recensione del film “La stanza”
In un primo momento de La stanza, Stella pare essere da sola in questa casa che è grande protagonista di tutta l’opera, abitazione che sembra uscita dalla serie The Haunting e nella quale si contraddistingue un’attenta costruzione scenografica (a cura di Ilaria Fallacara). Le pareti graffiate e scrostate parlano da sole, messa in scena di un mondo interiore del quale non sappiamo ancora nulla ma che già ci sta dicendo molto. Poi al campanello suona un estraneo senza nome: ha la faccia di un ottimo Guido Caprino e dice di avere una prenotazione per una stanza. Qualcosa non torna ed è evidente come l’uomo sappia più di quanto non dica, ma la sua richiesta di ospitalità è comunque accolta. L’opera di Lodovichi si avvale da qui di tutti gli stilemi che possono caratterizzare un limbo narrativo: l’isolamento forzato da echi quasi teatrali, con pochi spazi e interpreti che custodiscono con efficacia una riflessione sui fantasmi del passato.
Una esilità narrativa che rappresenta una comfort zone del cinema italiano, ma allo stesso tempo declinata in un’opera che il proprio statuto lo palesa senza remore e proprio da tale scelta trae vantaggio. Alcune tipiche dinamiche di coppia, quelle proprie di un cinema nostrano non sempre brillante, qui diventano un efficace motore drammaturgico con l’entrata in scena del viscido Sandro (il sempre credibile e versatile Edoardo Pesce), marito di quella sposa disperata che conosciamo sin dalle prime inquadrature. Le anime dei coniugi sono messe sul banco degli imputati dall’ospite, entità estranea alla loro intimità che eppure estrapola e tormenta il ricordo dei due.
Seguendo questa traiettoria, La stanza si configura come un horror e un thriller psicologico, costruendo bene e con diligenza tutti gli elementi in gioco. Questo equilibrio di forze dal grande impatto viene però in parte minato dalla colpevole mancanza di un’altrettanto solida vena tensiva. Il climax tentenna e non dà mai realmente fuoco alle polveri, che eppure sarebbero pronte a infiammarsi grazie alle convincenti performance degli interpreti.
Opinione sul film La stanza
Se il soggetto, il cast, il tono e la realizzazione si distinguono, è probabilmente la sceneggiatura – scritta a sei mani dallo stesso Lodovichi assieme a Francesco Agostini e Filippo Gili – che avrebbe giovato di una maggiore accuratezza. Parte dei problemi è legata alla figura del figlio della coppia, la cui presenza è sottolineata sin dal trailer ma che caratterizza la storia proprio con la sua assenza. Di mezzo c’è ovviamente una rivelazione, ad un certo punto fin troppo intuibile, giustificata con una curiosa scelta di scrittura che non sarebbe di per sé fuori luogo se non fosse per il fatto che non può contare, purtroppo, su una adeguata impalcatura di supporto nel corso dell’ora e venticinque di girato.
La stanza vanta, tuttavia, una lodevole precisione nel lavoro di regia e un connubio di talenti nel creare un’atmosfera di grande spessore. Una maggiore solidità strutturale sarebbe stata necessaria nel triangolare meglio certe coordinate emotive lasciate quasi unicamente sulle spalle degli attori, ma l’opera di Lodovichi rimane una godibile pellicola di genere, confezionata decisamente meglio di tanti suoi cugini più grossolani.