La cena delle spie, recensione (no spoiler) del film in streaming su Prime Video

La cena delle spie

Quando incontriamo Henry Pelham (Chris Pine) per la prima volta, è alla guida della sua lussuosa decappottabile su una strada che costeggia la scogliera. Una scena costruita per evocare sin da subito sensazioni di gioie lontane e, forse, amori distanti. Inizia con queste immagini La cena delle spie, film diretto da Janus Metz Pedersen che ricerca un fascino forse d’altri tempi per un’opera la cui miscela non si amalgama mai nella giusta maniera.

La cena delle spie, la recensione (no spoiler) del film

L’agente segreto Pelham sta guidando per raggiungere il ristorante dove parteciperà ad una cena destinata a cambiargli per sempre la vita. Qui incontra Celia Harrison (Thandie Newton), assieme alla quale dovrà venire a capo di un complotto ordito diversi anni prima ai danni dell’agenzia CIA dove lavoravano assieme in Europa.

Tra i due c’è un trascorso che va oltre il professionale, come ci mette in chiaro la regia immediatamente melensa del film. La cena delle spie, ancorato nel presente in questa unica location, sceglie il ricordo come strumento d’indagine in un gioco allo svelamento che si instaura tra Henry e Celia, seguendo le fila del libro omonimo di Olen Steinhauer che anche cura l’adattamento cinematografico del suo romanzo.

E infatti la pellicola non impiega molto a tradire la sua origine romanzesca. Nel continuo rimando tra passato e presente attraverso l’insistito uso di flashback, si fa presto evidente la difficoltà di tenere alto un ritmo affidato in tutto e per tutto alla forza del dialogo. Da una certa prospettiva è intrigante l’idea di uno spy movie costruito letteralmente a tavolino, che ragiona sulle conseguenze, che si districa all’interno della matassa dei continui depistaggi.

Così come può essere interessante il posizionare le carte davanti a sé e collocarsi poi in una posizione quasi di archivisti, da dove osservare e indagare dinamiche già accadute alla ricerca di incongruenze. Un qualcosa limitato però da una partita a scacchi mai all’altezza delle premesse tensive del film, incapace di scavare nelle contraddizioni dei due personaggi e nei misteri che questi si nascondono a vicenda.

La nostra opinione su La cena delle spie

A un certo punto La cena delle spie imbocca addirittura una terza via. Sarebbe a dire quella sentimentale e quasi erotica, chiara appunto dal primo istante, sulla quale Metz investe progressivamente sempre di più lavorando sull’etereo del presente e il grigiore del passato. Qui il copione si fa carico di un dolore snocciolato nel mezzo di relazioni tormentate, di impetuose – ma insipide – scene di sesso e misteri a sfondo internazionale. C’è un po’ tutto il repertorio, fatto anche di terroristi mediorientali, criminali russi e doppiogiochisti statunitensi.

La cena delle spie sembra quasi voler fare da requiem alle spy story di una volta. Anche cercando di cogliere gli spunti di un film in superficie interessante nello schema, non basta però questo a salvare un meccanismo evocativo dove sbucano i fantasmi dal passato – anche Laurence Fishburn e Jonathan Pryce – da una resa pesante e mai avvincente, dove il ricordo non palpita nemmeno per un istante.

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