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Alexia: “Vorrei tornare a Sanremo una quinta volta. Mi piacerebbe duettare con Giorgia” – Intervista esclusiva

Ph: Raffaele Grosso - Total look: Cavalli - Styling: Marco De Lucia

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Alexia, nome d’arte Alessia Aquilani, è la prima artista italiana ad esibirsi sul palco principale del Tomorrowland dove ha portato un remix di “Uh La La”: “Non mi stanca mai”. La cantante italiana che nella sua carriera ha partecipato per nove volte consecutive al Festivalbar e ha venduto oltre 6 milioni di dischi e vinto nel 2003 il Festival di Sanremo con il brano ‘Per dire di no‘, ha infiammato il palcoscenico principale dell’evento come ospite delle Nervo, il duo australiano composto dalle gemelle Miriam e Olivia Nervo, due talentuose musiciste, diventate famose in tutto il mondo nel 2009 grazie al singolo di When Love Takes Over di David Guetta, da loro prodotto insieme al dj francese. Le due musiciste sono andate a pescare nell’archivio della dance italiana e hanno deciso di remixare uno dei più grandi successi di Alexia, “Uh la la la”. 

A ben 27 anni dalla sua uscita, era il 1997, “Uh la la la” torna quindi in una nuova versione e è stata proprio l’artista ligure ad eseguirla dal vivo sul palco del Tomorrowland. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Alexia, e con lei abbiamo parlato della sua carriera, della sua esibizione al Tomorrowland, dei progetti futuri tra il sogno Sanremo e possibili collaborazioni.

Intervista alla cantante Alexia

Iniziamo con quello che è successo qualche giorno fa: tu sei stata la prima artista italiana ad esibirsi live sul palco principale del Tomorrowland. Che emozione hai provato su quel palco? Hai anche riportato una tua vecchia hit del ’97 in una nuova versione.

Ti spiego come mi sono esibita su quel palco. Il mio collaboratore aveva una conoscenza diretta con questo duo che io apprezzavo, ovviamente ero ignara di questo patto. Perché loro sono le autrici, oltre a essere delle dj fortissimi, di ‘When love takes over’ che è un pezzo che io canto anche durante i miei live perché mi viene bene ed è bellissimo. Per me è uno dei pezzi dance, negli ultimi decenni, più belli in assoluto. Quindi mi ero documentata e avevo scoperto che si trattava di loro. E poi, appunto, questo collaboratore mi ha detto: ‘guarda che io le conosco personalmente’. Lui ha un sacco di connection e gli ho chiesto di provare a chiedere a loro se c’era la possibilità di fare qualcosa insieme. Quando lui ha parlato con loro, scopriamo che sono delle mie fan accanite. Mi sono detta quindi che questa cosa andava fatta e abbiamo deciso di mettere le mani su ‘Uh La La’ perché è un pezzo che nasce in una versione molto lenta rispetto alla musica elettronica: un novanta bpm, novantadue bpm contro i centotrenta, centoquaranta che è la loro minima base per poter lavorare.

Poi mi hanno presentato una prima versione molto, molto audace che a me piaceva tantissimo ma forse era un po’ troppo. Dopodiché abbiamo rivisto la situazione e mi hanno poi presentato la seconda versione, che poi è quella ufficiale. Che cosa ho provato? Io mi sono preparata bene. Di solito quando faccio delle cose per lavoro più importanti sono, più la preparazione aumenta ed alzi l’asticella. Quindi ero consapevole di quello che avrei fatto, di tutta l’importanza di quel contesto. Ma quando sono arrivata lì, sul posto, vedendo l’immensità di questi eventi ho cominciato a sentire una certa agitazione. Quando poi mi sono avvicinata al backstage, quindi pochi metri prima di salire sul palco, lo shock è stato inaspettato. Ovviamente, la voglia di salire su quel palco, di cantare davanti a tutta quella gente meravigliosa, colorata e e di essere poi me stessa, quello che in fondo sono, ha preso il posto della paura. È stata un’emozione incredibile, travolgente. Forse che, così di queste dimensioni dopo tanti anni e una vita un po’ più tranquilla dove potevo anche appendere il microfono al chiodo, mi sono detta che ancora mi potevo divertire un po’.

Io ho visto il video. Dopo il tuo primo piano, si vede quella marea di gente. Dal tuo punto di vista, sul palco, cosa hai pensato?

Ho pensato: ‘Ok, eccoci di nuovo qua, ci siamo. Ma sì, perché no?’. Non è la prima volta che mi ritrovo davanti a un mare di gente. In passato questa canzone, alla quale sono particolarmente legata, è stata prima in nove paesi contemporaneamente. E questo significa che devi essere oggi qua, domani là, dopodomani dall’altra parte. Questo mare di gente lo vedevo spesso. Però dopo tanto tempo, vederlo così è stato overwhelming, travolgente.

Questo ti ha fatto anche un po’ capire che un brano che comunque è nato nel 1997, che ti ha consacrato, è rimasto un po’ nel cuore di tutti perché anche sui social il video è diventato virale. Questo che ti ha dato un po’ la spinta a metterti di nuovo in gioco e sperimentare nuove cose?

Sì. C’è un’ondata di ritorno così prepotente che esiste già da molti anni sia per la mia musica, soprattutto quella che è stata pubblicata con grande successo negli anni ’90, che la musica pubblicata dai miei colleghi. Io discograficamente per quanto riguarda la musica dance, non ho fatto molto in passato ma ho sempre lavorato moltissimo, soprattutto all’estero, perché all’estero questa cosa è partita ovviamente in anticipo. Ho sempre partecipato a numerosi Festival durante i tour estivi e invernali. E quindi questa cosa era veramente tangibile. E poi, è sotto gli occhi di tutti quante canzoni sono state riprese, dai vari David Guetta piuttosto che Loran?

È venuta l’occasione anche per riproporre uno dei miei brani a livello internazionale con un nome di tutto rispetto che sono appunto queste due ragazze che sono veramente pazzesche. Ho avuto la possibilità di accorgermene vedendole all’opera non solo nel set che hanno fatto su main stage ma anche in un altro set dove poi mi hanno coinvolta e io sono saltata sulla console e ho cantato così col microfono aperto senza neanche provare. Ed è stato meraviglioso. Già da due anni sto cercando di concepire un progetto che possa non solo restituire al pubblico della mia età, la tua età probabilmente ma anche più giovane che ha imparato ad apprezzare la musica anni novanta, una dimensione mia che possa riabbracciare quello che è stato. Però che sia contemporaneo. Per questo mi sto avvalorando dell’aiuto di persone di respiro internazionale: produttori che sono a Los Angeles con i quali stiamo lavorando per mettere appunto queste canzoni che sono ormai due anni che sono lì che aspettano.

Oltre cinque milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Hai conquistato otto dischi d’oro, due di platino. Che rapporto hai con i numeri del successo?

Terribile, nel senso che non me ne curo perché è una cosa che mi fa stare veramente male, nel senso che sono molto tradizionale, cerco di partire sempre da ciò che mi ha spinto a fare questo mestiere che è la passione. So che questo mestiere ti porta a fare moltissimi sacrifici quando non sei nessuno e vuoi diventare qualcuno. Ma anche quando sei qualcuno e poi rischi di tornare ad essere nessuno. I numeri purtroppo mi hanno sempre un po’ fatto soffrire: anche quando eravamo fortissimi all’inizio e magari non eravamo primi in classifica ma terzi, mi sentivo dire che eravamo solo terzi e io dicevo: ‘E allora?’ Questa freddezza, questa eccessiva cinicità mi ha sempre un po’ addolorato. So che è una parte importante di questo mestiere, bisogna anche fare i conti con i numeri, ma io sono abbastanza spaventata da questo aspetto. Cerco di non pensarci e forse è un mio difetto ma è così.

Anche molti tuoi colleghi mi hanno raccontato questo aspetto: la pressione che viene messa sugli artisti ed è dovuta alle classifiche, alla necessità di fare numeri. Tu mi confermi che hai vissuto, soprattutto agli inizi, questa situazione che hai imparato a gestire da sola?

Certo. Meno di un anno fa, ho fatto una colazione con il mio primo produttore, quello con cui appunto abbiamo scritto successi. Mi ricordo che fra le tante cose che ci siamo detti perché avevamo un po’ di cose in sospeso, gli dissi: ‘Una volta mi hai detto che eravamo solo terzi, quasi mi accusassi di aver sbagliato qualcosa ma lo abbiamo fatto insieme’. Quel brano, oltretutto un brano bellissimo che è Number One, per assurdo era arrivato solo in terza posizione. E allora che dobbiamo fare? Ci dobbiamo fustigare? Pazienza, quello che a me dispiaceva e che la corsa ai numeri purtroppo poi lasciava da parte la creatività perché noi eravamo veramente in uno stato di grazia. Poi per fortuna questa cosa si è piano, piano, dissolta. E infatti poi il singolo successivo che abbiamo scritto è stato Uh, La, la. Per fortuna questa cosa in quel caso è stata superata. Però è molto rischioso.

Parlando di successi, sei stata protagonista di quattro edizioni del Festival di Sanremo, di cui uno vinto nel 2003 con il brano ‘Per dire di no’. Cosa ricordi di queste quattro edizioni, soprattutto di quella vinta, e quanta voglia hai di tornare su quel palco. Se c’è questa voglia.

Sì, la voglio tornarci ci sarebbe perché è un palco che ti dà delle emozioni, secondo me, irripetibili altrove. Non lo so perché, sarà perché probabilmente sono italiana e sono cresciuta con il Festival di Sanremo. Ovviamente essendo nata in una famiglia dove mio papà amava cantare, amava la musica, e mia mamma cercava di farmi sentire le belle voci perché voleva educare il mio orecchio alle belle voci avendo capito che avevo una bella voce. E probabilmente è una conseguenza naturale, facendo questo mestiere, di voler cantare su quel palcoscenico. Ogni volta che ci sono salita per me è sempre stato bellissimo perché ho gli skills per poter affrontare quel palcoscenico: ho l’esperienza, la capacità di gestire l’emozione che è fortissima.

E poi canti davanti a un pubblico, un pubblico molto attento, molto critico. Il pubblico non solo in sala ma in tutto il mondo perché alla fine non ci dimentichiamo che Sanremo è in mondovisione. È una figata pazzesca. Ho dei ricordi veramente belli e vorrei tornarci una quinta volta perché così chiuderei la mia stellina, la mia stellina cinque punte che lì che aspetta di essere completata. Spero e sono convinta che un giorno ci potrò ritornare con con la maturità che oggi, e con la consapevolezza che ho oggi, sarebbe veramente un bel regalo.

E che tipo di brano ti piacerebbe portare e cosa ti piacerebbe raccontare su quel palco?

Quello che sono adesso. La donna che sono, quello che ha dovuto affrontare, le mie debolezze, le mie fragilità, la capacità di reagire. Mi piacerebbe cantare un pezzo autobiografico ma dipende da quando riuscirò ad andarci, in che momento anche discograficamente parlando. Mi piacerebbe però sempre far ballare le persone, oppure se non è possibile far ballare le persone perché magari quel pezzo in particolare non viene, non arriva, mi piacerebbe comunque essere sempre riconosciuta non solo per la vocalità ma anche per la grinta, l’energia e la determinazione. La fame di vita che c’è sempre in una donna. Le donne devono sempre avere la fame di vita non devono mai abbassare le difese e aggrapparsi, devono sempre cercare di sentirsi salde, solide con loro stesse, perché abbiamo fatto tanto, tanti sacrifici per arrivare a questo. Non dobbiamo mollare un centimetro.

Partendo dagli inizi della tua carriera, ricordi quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada? Tu mi dicevi che tua madre ti faceva fare lezioni di canto.

Penso da sempre, guarda. La mitica Bertè ha detto sui social che lei è nata con la minigonna e a chi gli ha detto che non dovrebbe più metterla, lei gioca un altro campionato. Non possiamo assolutamente paragonarci a Loredana Bertè. Io posso dire che sono nata con un microfono in mano perché già a tre anni ero la vocalista di tutto l’istituto dell’infanzia. Era proprio scritto, tant’è che a un certo punto ho detto: ‘Questo è il mio cammino, non mi cerco un piano B perché se lo cerco poi mi siedo’. Ho veramente cercato di concentrare tutte le energie in questo progetto fin da ragazzina quindi studiando canto, cercando di studiare anche un po’ danza per essere in armonia con il corpo e con ciò che raccontavo. E soprattutto ascoltavo tanta musica, mi facevo una cultura. Ho avuto la fortuna di fare per tanti anni la cantante, leader nelle cover band, e quindi a stretto contatto con musicisti, viaggi nei furgoni.

Ascoltavo musica disparata, tutti i generi perché c’era chi amava il jazz, chi il rock, chi il soul, chi il folk. Mi sono fatta anche una cultura grazie a queste esperienze e poi ho studiato canto lirico perché volevo saper leggere la musica, sapere come funziona l’organo vocale. Avevo preparato un bel bagaglio e poi per fortuna mi sono trovata al momento giusto al posto giusto perché ho conosciuto Robyx, che poi è diventato il mio primo produttore e da lì è cominciato un mio cammino verso il successo internazionale fino alla storia di oggi.

Ricordi cosa hai comprato con il tuo primo guadagno da cantante?

Mi ricordo, ero la vocalist di Ice MC. Io avevo registrato tutto l’album, a parte Take Away the Colour. Quando è stato pubblicato Think About the Way aveva veramente fatto il botto. Da quel momento in poi, la mia voce ha cominciato ad essere una voce importante. Dopo un breve periodo in cui mi sono approfittata di questa cosa facendo turni in studio a dei prezzi non accessibili a tutti, il mio produttore ha detto no, adesso tu vai in tour con Ice perché è giusto che ci sia la tua faccia nel gruppo non solo un’immagine. Perché inizialmente c’era una bella ragazza che faceva immagine. Però posso garantire che quando hanno messo la sua faccia con la mia voce mi sono un po’ girate le palxx ma non glielo ho detto, lui poi ci è arrivato da solo. Successivamente, dopo qualche mese sono entrata io a far parte del gruppo di Ice. Con i primi guadagni del tour mi sono comprata l’arredamento di un trilocale che avevo preso per andare a vivere da sola. Con la data di oggi, parte della cucina, con la data di oggi invece il divano. Mi ricordo questo particolare.

Ultimamente sono tornati in voga i duetti, soprattutto nel periodo estivo. Tra diversi artisti, anche diversi generi, c’è un collega che ti piacerebbe coinvolgere in un progetto tuo.

Sì. Di solito questa proposta me la fanno costantemente, anche nei momenti un pochino più di relax in cui non avevo in mente uscite o cose. Mi sentivo dire che dovevo fare un featuring con qualche gruppo che sta andando per la maggiore. Mi sembrano tutte cose già viste, un po’ telefonate. Non mi viene in mente nessuno per dirti che mi piacerebbe fare una canzone e diventare il tormentone estivo. Che palle! No? Se dovessi dire che ho una voglia di fare un duetto, lo farei semplicemente per il piacere di farlo e mi piacerebbe duettare con un’artista che canta benissimo che è Giorgia. So che probabilmente non sarebbe una novità, anzi, probabilmente i discografici potrebbero dire Oddio cosa? Questa roba orribile in cui due donne fanno a gara a chi canta più forte. No, semplicemente dal mio punto di vista un duetto è uno scambio di vibrazioni, uno scambio di feeling, uno scambio tra due voci che hanno attinto dalle stesse origini, dalle stesse radici che è il soul blues.

La tv o il cinema ti ha mai appassionato?

Mi è capitato di fare qualche esperienza televisiva e devo dire che sono esperienze formanti. Sono molto faticose, richiedono delle capacità, cose diverse da quelle che ha una cantante. Noi lavoriamo moltissimo prima di fare una performance che si concentra tutto in quei tre, quattro minuti. La televisione ti richiede molto di più. Il cinema poi non lo so, ma assolutamente non è una cosa che mi ha mai attratta soprattutto perché è già un problema con, sembra strano a dirsi, con la mia immagine, con la la percezione che ho di me stessa molto diversa rispetto a quella che do alla gente. Credo che il cinema sia molto più faticoso rispetto alla televisione.

Ho avuto un piccolo piccolo assaggio facendo dei videoclip e a volte mi rendevo conto che si doveva girare in un giorno. Si doveva chiudere tutto perché il budget era quello e lavoravamo a dei ritmi forsennati. Salvo l’ora diciamo che dovevi dare alle persone che lavoravano perché per legge dovevano essere a riposo oppure due giorni chiudere tutto in una location e poi in un’altra. Non mi sono mai fermata a riflettere su questo, al momento non è nelle mie priorità.

Oggi molti artisti del mondo della musica arrivano dai talent. Tu avresti fatto un talent?

Se dovessi rivedermi oggi come ero una volta, e se le strade che si presentano per poter raggiungere un determinato obiettivo, fermo restando ciò che ho detto che avevo fame di arrivare, probabilmente l’avrei fatto. Con la consapevolezza che poi c’è una grande competizione fuori. Il talent io non li guardo con grande attenzione perché ogni tanto mi sembra che mi propongono un po’ sempre la stessa cosa. Però se sei comunque un’artista che ha delle cose da dire, che ha delle caratteristiche particolari e soprattutto che ha una grande preparazione, poi emerge. Questa cosa viene fuori, abbiamo degli artisti che lo stanno dimostrando dai Maneskin a Marco Mengoni, passando per Noemi.

Ultimamente la più recente che sta avendo successo e io trovo che sia una ragazza cazzuta, molto matura per la sua età, è Angelina Mango. Quindi probabilmente l’avrei fatto non posso assolutamente negarlo perché oggi la strada è quella. Una volta era provare a fare Castrocaro per poi andare a Sanremo, anche se per me l’idea inizialmente di cantare in italiano era contemplata, e oggi ci sono i talent show.

Dove ti possiamo vedere cantare?

Ho cantato al Sammichele festival in provincia di Bari, ed è una rassegna molto, molto carina. C’ero io, Clara, Haddaway, Nina Zilli e Boomdabash.

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