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Intervista esclusiva a Paolo Ruffini: “Concorrente in un reality? Preferisco condurlo”

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Non si aspettava il successo ottenuto con “La pupa e il secchione”. Nonostante ancora non ci siano conferme ufficiali, Paolo Ruffini si dice speranzoso di un ritorno del reality ma anche di “Colorado” di cui era stata girata una puntata con Belen Rodriguez prima del lockdown. In questa intervista, rilasciata in esclusiva per SuperGuida Tv, Paolo ci ha parlato dei documentari “Up and Down” e “Resilienza”, disponibili anche in streaming sulla piattaforma Chili. Due documentari in cui il filo comune è la voglia di vivere. Proprio rimanendo in tema di resilienza, Paolo ci ha raccontato del suo incontro con Alex Zanardi, rimasto coinvolto qualche giorno fa in un grave incidente stradale: “Ho avuto modo di conoscerlo nella trasmissione “Eccezionale veramente”. Sul riconoscimento da parte del Moige del premio bidoncino trash per “La pupa e il secchione” Paolo Ruffini vuole puntualizzare: “Pensa che il Moige mi aveva premiato come trasmissione dell’anno per “Up and down” realizzata su Italia Uno nel 2018. Preferisco ricordarmi quella menzione lì. Per carità io non voglio dire che “La pupa e il secchione” sia una trasmissione chic o intellettuale però credo che abbia stupito da un certo punto di vista“. Paolo ci ha confessato anche di essere stato contattato in questi anni per fare il concorrente in alcuni reality. A tal proposito avanza un’idea interessante: “Mi piacerebbe e valuterei la proposta di partecipare a “Pechino Express” con uno dei ragazzi della mia compagnia”. Il comico toscano ha molti progetti in cantiere tra cui una commedia romantica di cui è anche l’autore, “Rido perché ti amo”. Paolo ha un cuore talmente grande che sulla scia dei precedenti documentari vuole focalizzare l’attenzione su un’altra malattia come l’Alzheimer. Bravo Paolo perché riesci sempre a regalarci il potere del sorriso anche di fronte ai drammi.

Intervista esclusiva a Paolo Ruffini

Paolo, i docufilm “Up &Down” e “Resilienza” sono ora disponibili sulla piattaforma Chili. Pensi che lo streaming che è stato una valida soluzione in questi mesi in cui le sale sono rimaste chiuse, possa costituire un’alternativa anche dopo la riapertura dei cinema?

Penso di sì anche se sono dell’idea che il cinema prima di essere un’arte e un mercato sia un posto. Non credo pertanto che si possa sostituire il posto. Faccio sempre fatica a non essere favorevole alle novità. Pensa che proprio ora stavo leggendo che Amazon Prime vorrebbe trasmettere in diretta 24 ore su 24 e avere un proprio palinsesto. Più canali e più diffusione c’è ben venga. E’ normale che bisognerà tarare nuovamente ciò che può essere definito un successo o un insuccesso. 

Si tratta di documentari uniti da un filo comune, la voglia di vivere. Cosa ti hanno insegnato entrambe le esperienze?

“Up and down – un film normale” mi ha insegnato che le cose più belle nella vita sono estranee al concetto di normalità. Sai, di solito ho sempre considerato le persone down delle persone speciali. In realtà un giorno un ragazzo mi rispose che non si sentiva affatto speciale. La sua richiesta era di non sentirsi messo da parte ma di essere integrato. Di qui è partita una ricerca della normalità che ci ha visto itineranti in giro per l’Italia. La normalità non esiste in natura. La più grande risorsa che abbiamo nella vita è la diversità. Quello che mi ha insegnato invece “Resilienza”, docufilm incentrato sulla storia di un bambino scomparso per malattia, è che la vita è troppo bella e merita di essere vissuta appieno. Ho imparato che la vita è ferocemente meravigliosa anche quando è avversa. Ci sono sempre delle occasioni per trasformare i limiti in grandi opportunità. 

Anche durante questo periodo sei rimasto in contatto con i tuoi ragazzi? Vi siete organizzati con le videochiamate?

Con alcuni ci siamo videochiamati mentre altri hanno avuto più difficoltà. Fanno molta fatica in questo periodo perché sono gli “abbraccioni” per eccellenza. Ricordo ancora che quando c’era l’obbligo di portare le mascherine uno di loro mi chiese se si poteva ancora sorridere. E aveva ragione perché in realtà se ci pensi neanche ora si può sorridere. 

Negli ultimi anni sempre più persone disabili si sono rese protagoniste di grandi imprese, umane e sportive. È radicalmente cambiata la mentalità nei confronti dei disabili?

Per fortuna è cambiata. Negli anni 70 le persone con disabilità venivano rinchiuse nei manicomi in condizioni di precarietà e spesso venivano sottoposte a torture. Secondo me il lavoro che bisogna fare ora è sulla morale e sul pietismo che sono nemici dell’accettazione. Credo che un disabile più che sentirsi dire “poverino” abbia bisogno di sentirsi dire “valgo quanto te”. 

Abbiamo visto un grande affetto e raccoglimento da parte degli italiani per Zanardi: quale credi sia il motivo che porta tanta gente ad amare e rispettare un atleta come Alex? Tu hai avuto modo di conoscerlo?

Ho avuto modo di conoscerlo nella trasmissione “Eccezionale veramente”. Venne come ospite della giuria. E’ una persona di una tenacia incredibile e spero possa dimostrarlo anche in questa occasione. Alex ha messo tutti d’accordo perché è un campione che ha sempre vissuto i suoi valori fino all’ultimo centimetro della sua pelle. E’ un grande eroe. 

Abbiamo trascorso dei mesi difficili per l’emergenza coronavirus. Durante questo periodo c’è qualcosa che hai riscoperto?

Ho riscoperto Federico Fellini guardando tutti i suoi film. Da adolescente ero refrattario a tutto quello che era il cinema istituzionale. Averlo riscoperto a 40 anni mi ha entusiasmato molto. In questo periodo ho riscoperto il valore della distanza tra essere solo e in compagnia di me stesso. Ho trascorso 70 giorni da solo però poi mi sono reso conto che ero in compagnia di me. Devo dire che non è stato male. Mi sono conosciuto meglio. 

Secondo te stiamo tornando a sorridere o è ancora presto?

Prima non si sorrideva tanto e ora non riesco a valutarlo. Vivere la quotidianità è qualcosa di strano e secondo me non siamo lucidi nell’analizzare la situazione che stiamo vivendo. Non mi sembra che siamo diventati migliori. In quei casi sporadici in cui qualcuno mi abbraccia sono contento. Un giorno lessi un trattato e mi colpirono molto queste parole: “Un bambino che nasce e non riceve una carezza nei primi 6 mesi di vita o muore o diventa matto”. Penso che noi faremmo la stessa fine. 

Rivedremo “La Pupa e il Secchione”? 

E’ un programma che ha avuto un grandissimo successo e per certi versi inaspettato. Mi vorrei tatuare sul polso lo share del 13% registrato nella prima puntata. Al momento non si sa nulla perché Mediaset non ha comunicato nemmeno il palinsesto. C’è stata una sospensione di “Colorado” e anche di quello si riparlerà non appena l’azienda avrà modo di capire in quale situazione versano gli spazi pubblicitari. Io credo però che la dirigenza avrà interesse a ripartire in grande spolvero. 

Il Moige ha assegnato dei premi, chiamati bidoncini trash, un premio assegnato a programmi che propongono modelli diseducativi in quanto si nutrono di gossip e di scandalo. E uno di questi premi è andato anche a “La pupa e il secchione” finita nel bidoncino del trash per “eccessiva messa in mostra del corpo femminile, con scene al limite del porno”. Non ti è sembrato un giudizio eccessivo? Cosa ne pensi?

Pensa che il Moige mi aveva premiato come trasmissione dell’anno per “Up and down” realizzata su Italia Uno nel 2018. Preferisco ricordarmi quella menzione lì. Per carità io non voglio dire che “La pupa e il secchione” sia una trasmissione chic o intellettuale però credo che abbia stupito da un certo punto di vista. Abbiamo avuto modo di sentire parlare Aldo Busi, Sandra Milo e anzi abbiamo anche trovato un equilibrio. Io sono cresciuto con “Drive in” e a me l’ostentazione del corpo femminile non fa paura. Anzi, ne sento tanto la mancanza. Meno male che Mediaset Play sta dando in replica “Colpo grosso” che rappresenta l’ultima propaggine di libertà creativa. Un barlume nel piattume moralistico che a volte diventa insopportabile. 

Ti candideresti mai per partecipare ad un reality? Ti sono stati proposti in questi anni?

Qualche proposta c’è stata seppur sporadica. Mi candiderei per condurlo ma lo sta facendo benissimo Alfonso Signorini. Credo che si stia delineando un lavoro che è quello di concorrente di reality. Ci sono colleghi che sono bravissimi nel fare questo mestiere. Francesca Cipriani è secondo me un’ottima concorrente di reality perché è straordinaria. Crea delle dinamiche, è simpatica e non la trovo mai volgare. E’ gommosa come un cartone animato. 

Se ti proponessero di partecipare a “Pechino Express” in compagnia di uno dei ragazzi della compagnia accetteresti?

Sicuramente ci penserei. Sarebbe difficile perché questi ragazzi sono impegnativi ma io mi prenderei la responsabilità serenamente. 

C’è un programma in TV che ti piacerebbe condurre?

Senza voler spodestare nessuno ti dico o “La Corrida” o “Il pranzo è servito”. 

Nel percorso della vita ora a che punto ti trovi? Quali consapevolezza hai maturato?

Mi trovo in un punto interessante perché a livello di consapevolezze ho capito che la conoscenza di se stessi è una storia d’amore che dura tutta la vita. Durante il lockdown ho iniziato a conoscermi, a perdonarmi e a permettermi delle cose che prima pensavo di non potermi concedere. 

Progetti futuri? Su cosa stai lavorando?

Aspetto a livello televisivo che qualcuno mi comunichi qualcosa di ufficiale per tornare davanti alle telecamere. Per quanto riguarda il cinema, dovrei partire a settembre con i primi ciak del film “Rido perché ti amo”, una commedia romantica che ho anche scritto. Mi piacerebbe inoltre realizzare un documentario su un tema difficile come l’Alzheimer. 

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