Nato dalla penna dello scrittore Maurizio De Giovanni, Il Commissario Ricciardi sta per sbarcare su Raiuno. Ad interpretarlo il bravissimo e versatile Lino Guanciale. Una serie coinvolgente che in un mix di generi si interroga sul senso della vita e del dolore. Lino interpreta Luigi Alfredo Ricciardi, commissario della Mobile di Napoli che dopo aver ereditato dalla madre un dono, di vedere il fantasma delle persone morte percependone l’ultimo pensiero, deciderà di metterlo a servizio della giustizia nella risoluzione di casi complicati.
La serie è stata girata a Napoli e a Taranto, città che Lino ha dichiarato di aver amato e apprezzato particolarmente. In questa intervista, rilasciata in esclusiva a SuperGuida TV, Lino ci ha parlato della responsabilità che ha sentito nell’interpretare questo personaggio con cui condivide il valore della riservatezza. Un ruolo che gli incute ansia ma che gli procura anche una profonda soddisfazione nonostante ci abbia raccontato di essersi voluto concentrare sulla fedeltà del personaggio al soggetto letterario. Ci ha anche raccontato di avere avuto degli scambi interessanti con lo scrittore Maurizio De Giovanni che gli ha fatto il grande regalo di avergli svelato dei retroscena sulla genesi del personaggio. Un ruolo che sembra avere delle affinità con il Commissario Cagliostro de la serie tv “La Porta Rossa”. E’ lo stesso attore a rivelarci qualche curiosità in più su questa curioso parallelismo. Sul fronte professionale, Lino continua a mietere successi.
Dopo il debutto nella regia teatrale, Guanciale ci ha rivelato di aver pensato di passare dietro la macchina da presa. In passato era stata ventilata l’ipotesi anche di un suo approdo alla conduzione. Tornando sull’argomento Lino ci dice: “Non si può mai dire mai. Quello che è certo è che ora il mio percorso è abbastanza organico e si legge una logica nelle scelte che ho fatto. Per ora è fuori dal radar un’opzione di questo tipo perché c’è ancora molto da fare su una certa strada, poi vedremo”.
La chiacchierata si conclude parlando dei personaggi che lo hanno reso uno degli attori più amati del panorama televisivo e al riguardo ci confessa: “Mi sono rimasti addosso tutti perché in ognuno ho messo qualcosa di mio. L’importante è trattarli non come delle dannazioni ma come delle fortune. Ogni personaggio ti mette in condizione di scoprire qualcosa in più di te stesso. Vederla così ti aiuta a trattarli come vecchi amici che ti vengono a trovare ogni tanto piuttosto che come scocciatori”. Bella riflessione vero?
Lino Guanciale, intervista esclusiva
Lino, il Commissario Ricciardi rappresenta per te una consacrazione come protagonista assoluto di una serie Rai. Questo ti mette più ansia o soddisfazione?
Entrambe le cose in realtà. L’altra responsabilità su cui mi sono concentrato mentre lavoravo era quella di trovare il modo di essere fedele a questo personaggio per la sua genialità e invenzione narrativa organizzando una proposta di traduzione visiva il più possibile autentica e personale. Questo è l’aspetto su cui mi sono maggiormente concentrato. Se avessi spostato l’attenzione su altri aspetti non sarei riuscito a lavorare con la stessa concentrazione.
Hai chiesto suggerimenti allo scrittore Maurizio De Giovanni per calarti nel ruolo?
Ho avuto la fortuna di conoscere “Il Commissario Ricciardi” prima come lettore che come attore papabile di far parte di questo progetto. L’imprinting che ho avuto da questa lettura è stata simile a quella che hanno avuto anche gli altri lettori. Ho letto i romanzi e mi sono costruito nella mia testa un teatrino, un immaginario abitato da questo personaggio e da tutti gli altri che gli erano legati. Ho cercato di tenermi caldo questo imprinting e questa ottica per partire con il mio lavoro. Con Maurizio c’è stato uno scambio continuativo reso possibile dalla presenza sul set di una delle sue collaboratrici più strette, Stefania Negro. Uno scambio fondato sulla concretezza delle coordinate da darsi per regalare una versione rispettosa dell’originale. Maurizio mi ha fatto il regalo di darmi dei suggerimenti sul come e sul quando questo personaggio sia stato costruito. Sono stato rapito dai suoi racconti sulla genesi del Commissario Ricciardi. Questa è stato molto prezioso per me.
Il fatto di aver interpretato già un personaggio con poteri paranormali come Cagliostro ti ha fatto sentire avvantaggiato? Come hai vissuto questo switch?
Mi ha fatto sorridere il fatto che passassi dall’altra parte con il Commissario Ricciardi. Sono passato dall’essere fantasma con Cagliostro ad avere una porta aperta con manifestazioni dell’aldilà seppur molto localizzate con il Commissario Ricciardi. Sono due ruoli che hanno pochi punti in comune perché in Ricciardi è molto forte la costruzione dell’ambientazione storica e poi c’è l’idea di mettere un personaggio limite ovvero dotato di un potere paranormale in un contesto che ha molto messo alla prova l’umanità intera. Parlo di quei regimi autocratici che ridisegnavano non solo le cartine ma anche la mentalità dei cittadini del mondo occidentale. Penso al Commissario Ricciardi non tanto come ad un eroe dotato di un superpotere che lo differenzia dagli altri ma come ad un uomo che si porta appresso un grande fardello e che deve fronteggiare l’invadenza di un regime sempre più prepotente nei confronti delle vite di ognuno.
Il personaggio che interpreti è un uomo solitario e introverso. Nella tua vita, cerchi la solitudine o la rifuggi?
Condivido con il Commissario Ricciardi un profondo senso della riservatezza e una forma di introversione in merito alle manifestazioni emotive. Non cerco l’autoisolamento come fa lui anche se in realtà lui decide di auto esiliarsi e non perché non gli piaccia l’umanità ma anzi al contrario perché ne è innamorato senza pregiudizi. Vuole fare qualcosa per migliorare il mondo in cui vive facendo leva sul suo dono maledizione e per farlo cerca di non gravare su nessuno. Il Commissario Ricciardi non è un uomo asociale ma un uomo estremamente empatico che per il bene di chi gli sta intorno cerca di limitare i danni che si porta addosso.
Hai debuttato come regista teatrale nello spettacolo “Nozze”. Hai pensato di passare dietro la macchina da presa?
E’ una cosa a cui ho pensato e a cui penso. Per il momento ho messo su una casa di produzione che si occupa di produrre cortometraggi. E’ un’esperienza che mi sta arricchendo moltissimo. Quando arriverà il momento considerando che con gli impegni sono già pieno e quando mi sentirò pronto per farlo mi ci dedicherò.
In questi anni hai dimostrato anche una certa ecletticità e non solo come attore. Ti piacerebbe ricoprire in futuro la veste di conduttore o è un salto troppo grande?
Non si può mai dire mai. Quello che è certo è che ora il mio percorso è abbastanza organico e si legge una logica nelle scelte che ho fatto. Per ora è fuori dal radar un’opzione di questo tipo perché c’è ancora molto da fare su una certa strada, poi vedremo.
C’è un personaggio in particolare che ha interpretato che più di tutti ti è rimasto addosso?
Mi sono rimasti addosso tutti perché in ognuno ho messo qualcosa di mio. L’importante è trattarli non come delle dannazioni ma come delle fortune. Ogni personaggio ti mette in condizione di scoprire qualcosa in più di te stesso. Vederla così ti aiuta a trattarli come vecchi amici che ti vengono a trovare ogni tanto piuttosto che come scocciatori.