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Il lupo e il leone, la recensione dell’avventura ambientalista

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Già orfana di genitori, la giovane Alma Deranquel torna alla casa della sua infanzia in seguito alla scomparsa del nonno, ultimo parente rimastole – se si esclude l’affettuoso padrino Joe. La dimora si trova immersa nella natura selvaggia dei boschi canadesi e proprio lì la ragazza si imbatte nei resti di un aereo diretto a un circo, che trasportava a bordo un cucciolo di leone strappato alla madre in Africa.

La protagonista decide di adottare il piccolo e di non consegnarlo ai ranger forestali, per paura che possa essere vittima di maltrattamenti qualora spedito in un circo. Nello stesso momento si presenta alla sua porta una lupa artica, che aveva “fatto amicizia” con il compianto nonno di Alma, in cerca rifugio per lei e il suo cucciolo, dopo essere stata inseguita da due ricercatori. Il destino di due specie così diverse si intreccerà in maniera inaspettata.

Il lupo e il leone, recensione: insieme per sempre

Capitolo di mezzo della trilogia incentrata sul tema ambientalista, dopo Mia e il leone bianco (2018) e prima di Emma e il giaguaro nero (2024), Il lupo e il leone vede il regista francese Gilles de Maistre tornare metaforicamente “sul luogo del delitto” per raccontarci ancora una volta la storia di un’incredibile amicizia tra una ragazza e un animale, in questo caso addirittura due, che ha visto crescere fin dalla tenera età. Un approccio che ricorda più le favole, ma che trova inaspettatamente riscontro nella realtà, almeno in quest’occasione: i due esemplari al centro del racconto infatti vivono ancora assieme nelle foreste canadesi, coltivando tutt’oggi quell’incredibile legame.

In una narrazione così tendente al messaggio si rischia di diventare parzialmente contraddittori, laddove la protagonista per via della sua cocciutaggine rischia di mettere in pericolo diverse persone rifiutandosi di ascoltare i pareri delle autorità in materia. Ma d’altronde è proprio la schematica sceneggiatura a mettere in risalto negativo non soltanto gli SWAT impegnati ad un certo punto della vicenda e il domatore del circo – qui già più comprensibilmente – ma anche gli stessi studiosi che lottano per preservare le specie in via di estinzione.

Tra immagine e sostanza

L’impressione che il flavour da storia per tutta la famiglia, figlia di un’etica Disney, abbia preso il sopravvento sulla verosimiglianza e sulla cosa giusta da fare in determinati contesti, privando di fatto l’intero costrutto della necessaria autenticità. Certo le scene in cui il lupo e il leone, ormai adulti, giocano tra gli alberi – per non parlare di quelle tenerissime da cuccioli – hanno un impatto notevole sul grande pubblico e anche la lotta idealista della protagonista umana, per quanto carica delle succitate ambigue sfumature, trascina con un certo impeto la carica emotiva di chi guarda.

Protagonista umana interpretata dalla luminosa Molly Kunz, già apprezzata tra gli altri nel teso Widows – Eredità criminale (2018), alla quale fa da degna spalla il noto caratterista di origini native-americane Graham Greene, nei panni del saggio e amorevole padrino.
Per un film che conquista con relativa facilità ma si perde in numerose ingenuità che finiscono per comprometterne il quadro d’insieme.

Conclusioni finali

Un talento per il pianoforte, Alma dopo la morte del nonno fa ritorno nella casa dove è nata e cresciuta, immersa nelle foreste canadesi. Lì si ritroverà a nascondere e crescere due cuccioli, uno di lupo artico e l’altro di leone, che il destino ha messo incredibilmente sulla sua strada. Ma quando i due animali crescono, sarà sempre più difficile far sì che passino inosservati…

Il lupo e il leone è una favola ambientalista per tutta la famiglia, con un messaggio che rischia di essere a doppio taglio e non per forza positivo, per quanto qui al centro di una storia edificante che guarda sì al rispetto per la natura, per quanto in un’ottica prettamente idealistica. Ma i due esemplari del titolo, cresciuti effettivamente fianco a fianco anche nella realtà, quando condividono lo schermo rubano la scena a tutto e tutti, permettendo di chiudere un occhio su una sceneggiatura spesso schematica e pretenziosa.

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