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House of the Dragon, la recensione – no spoiler – della serie fantasy su NowTV

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Game of Thrones è una delle serie più importanti di sempre. Ha segnato un’intera generazione della TV e si è posta nel corso del tempo come l’evento seriale per eccellenza, atteso episodio per episodio e commentato passo passo con grandissima partecipazione di pubblico. Non è quindi di certo facile tornare in questo ricco e articolato mondo con il gravoso compito di offrire qualcosa di nuovo e allo stesso tempo non deludere la alte aspettative. Ryan Condal e George R.R. Martin ci hanno provato con House of the Dragon, serie prequel di Game of Thrones che si basa sull’opera Fuoco e sangue dello stesso Martin e che racconta del declino della casata Targaryen.

La trama di House of the Dragon

Viserys I Targaryen (Paddy Considine) è il quinto re dei Sette Regni. È conosciuto come un uomo cordiale, gentile e onesto, scelto da un Gran Concilio di lord per succedere a suo nonno, re Jaehaerys I. La principessa Rhaenyra (Milly Alcock in un primo momento e poi Emma D’Arcy) è la figlia primogenita di Viserys, è una cavalca-draghi e si aspetta di diventare la prima regina regnante dei Sette Regni.

Tuttavia, la sua nomina viene messa in discussione dal fratellastro più giovane, Aegon II (Ty Tennant e Tom Glynn-Carney), e prima ancora dallo zio Daemon (Matt Smith), un esperto cavalca-draghi nonché guerriero impareggiabile, che brandisce la spada in Acciaio di Valyria chiamata Sorella Oscura, consegnatagli da Jaehaerys I, suo nonno. Da qui le premesse per la sanguinosa guerra interna che porterà al declino della casata, nota come “Danza dei draghi”.

House of the Dragon, perché guardare la serie

House of the Dragon aveva un compito non semplice, lo si è detto. Partire da un mondo già precostituito, un universo narrativo che nel corso degli anni è riuscito ad accaparrarsi un fandom ampio ed affezionato. E quando il fandom si lega così tanto a un immaginario diventa anche molto esigente, mettendo a dura prova qualsiasi cosa decida di di immergersi nuovamente in quel contesto.

Questa serie prequel, la cui prima stagione è composta da dieci episodi dalla durata media di un’ora, sceglie di prendersi il suo tempo e il giusto spazio per conciliare quello che era già noto ai fan con ciò che deve andare a creare quasi da zero. Il primo impatto con House of the Dragon è quindi di un’opera che carbura lentamente, tastando minuto dopo minuto la solidità dei caratteri e delle storie che sta mettendo in scena. Per questa ragione l’approccio è di delineare i protagonisti e gli atti salienti che li coinvolgono passando attraverso numerosi salti temporali che creano l’impalcatura dei legami e dei conflitti interni ai Targaryen.

L’idea funziona. Una volta che si capisce il meccanismo, per forza di cose differente dal ritmo serrato di Game of Thrones, House of the Dragon si fa avvincente, ricca di pathos e tensione. Si parla molto e gran parte dell’azione rimane per la prima stagione sullo sfondo, lasciando che ad alimentare il senso e la ricchezza della serie sia il dramma di personaggi che si avvicinano e poi si allontanano, delle trame politiche che si orchestrano a tavolino e dei coltelli che vengono sguainati nell’ombra.

Perché non guardare House of the Dragon

Quando ci si avvicina ad House of the Dragon occorre quindi farlo con ben chiara un’impostazione mentale. Non bisogna aspettarsi una Game of Thrones 2.0, perlomeno non nella fase iniziale. Ci sono tante questioni da mettere in gioco, tanti meccanismi da far partire e quindi molto passa per fasi che in apparenza possono risultare eccessivamente verbose, quasi statiche.

Ma sarebbe sbagliato farsi ingannare. House of the Dragon si fa forza su una scrittura che rimane spietata e drastica come spesso ci aveva abituato la serie madre, calata sopra i caratteri di personaggi duri e che crescono sotto i nostri occhi. Soprattutto si può contare su performance di incredibile spessore, come quella dolente del Viserys I di Considine, del mefistofelico Daemon di Smith e della tenace Rhaenyra di D’Arcy.

House of the Dragon sa sorprendere. Riesce, in alcune circostanze, a donare un’aura di gravità e di intensità che supera anche alcuni dei migliori momenti di Game of Thrones. Si deve entrare nel suo vortice, in un nuovo racconto dove tornano nomi e luoghi già noti ai fan ma che parte daccapo e ha tutte le intenzioni di fare le cose in grande non risparmiando colpi a nessuno. Vedetela.

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