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Godzilla Minus One, la recensione (no spoiler) del blockbuster giapponese

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Giappone, 1945. Il pilota Koichi Shikishima non ha il coraggio di completare la missione da kamikaze a bordo del suo aereo e finge problemi tecnici al velivolo per atterrare su un un’isola dove si trova un piccolo plotone di soldati. Lì la notte stessa vengono attaccati da una gigantesca creatura conosciuta dagli abitanti come Godzilla e Koichi – di nuovo protagonista di un atto di codardia – è il solo superstite. Due anni più tardi il ragazzo fa ritorno in una Tokyo devastata in cerca dei genitori, scoprendo come questi abbiano perso la vita nel bombardamenti. Vagando tra le macerie, si imbatte in una ragazza, Noriko, che sta accudendo una neonata abbandonata e forma con loro una sorta di famiglia, cominciando a lavorare su un’imbarcazione dragamine. Quando la città è vittima delle devastanti sortite di un redivivo Godzilla, Koichi avrà forse occasione di redimersi…

Godzilla Minus One: uomini e mostri – recensione (no spoiler)

Ha vinto, caso più unico che raro per una produzione non battente bandiera americana, il premio Oscar per i migliori effetti speciali, suscitando inoltre il caloroso apprezzamento da parte di un “certo” Steven Spielberg. Ora anche gli abbonati di Netflix potranno dire la loro su uno dei titoli più significativi della scorsa stagione, passato in sala soltanto per un breve periodo e in lingua originale, che rivisita per l’ennesima volta un’icona nipponica per eccellenza, ovvero Godzilla.

Se sette anni fa un piccolo miracolo era stato realizzato da Hideaki Anno – il papà della serie d’animazione cult Evangelion – con il suo affascinante Shin Godzilla (2016), è toccato a Takashi Yamazaki l’onere / onore di realizzare il film sul gargantuesco lucertolone probabilmente più ambizioso di sempre dopo il primo, storico, Godzilla (1954).

Vecchio e nuovo

Lontano dalle derive americane che hanno trasformato il possente mostrone in una sorta di caricatura di se stessa, vedendolo affrontare King Kong in una serie di film che ne hanno spostato le dinamiche, questa nuova versione realizzata nel Sol Levante è una vera e propria gioia per gli occhi e per lo spirito.

Godzilla Minus One recupera le atmosfere votate alla tragedia del capostipite degli anni Cinquanta, rendendo centrale il tema del trauma della bomba atomica, che ha così profondamente sconvolto la popolazione giapponese. E qui proprio la minaccia nucleare esplode potente in una sequenza evocativa e significativa, dove la giganteschi nemesi è una chiara metafora dall’incubo vissuto da una nazione intera.

Personaggi parzialmente stereotipati ma carichi di umanità si muovono in questo contesto d’epoca, ancora devastato dalle violenze del recente conflitto e ora prossimo ad affrontare un nuovo, temibile, nemico contro il quale non sembra esservi nessuna soluzione. La sceneggiatura offre anche modo di riflettere sul senso di colpa e su quella triste logica dei piloti kamikaze, che portò così tanti uomini a sacrificare loro stessi in nome di un ideale.

E le emozioni non mancano, tra gesta di sacrificio e atti di eroismo, in una gradevole esaltazione della retorica e in un contesto spettacolare dove gli effetti speciali sono davvero impressionanti, consegnandoci uno dei Gojira – questo il nome originale del mastodontico rettile preistorico – più memorabili che il cinema, non soltanto indigeno, abbia mai sfornato sul grande schermo.

Conclusioni finali

In un Giappone ancora devastato dalla Seconda Guerra Mondiale, la città di Tokyo si trova a dover affrontare un’ulteriore calamità parimente distruttiva, ovvero Godzilla: una gigantesca creatura preistorica pronta a distruggere tutto ciò che trova sul proprio cammino. Un soldato oppresso dal senso di colpa risulterà determinante nella battaglia finale.

Godzilla Minus One è un film spettacolare che restituisce la giusta gloria al franchise, tanto da essersi portato a casa un meritatissimo Oscar per gli effetti speciali, davvero straordinari. Emozioni e azione a più non posso in un contesto storico e drammatico ben preciso, che guarda ai propositi dell’originale-classico degli anni Cinquanta per restituire al gargantuesco lucertolone tutta la sua tragica potenza metaforica.

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