Gli occhi del diavolo, la recensione (no spoiler) dell’horror esorcistico

Gli occhi del diavolo

Per rispondere all’aumento globale delle possessioni demoniache, la chiesa cattolica riapre le scuole di esorcismo nel tentativo di formare dei giovani sacerdoti nel suddetto rituale. Suor Ann ha perso la madre molti anni prima a causa di una violenta schizofrenia e ha deciso di consacrare definitivamente la sua vita a Dio, dimostrando sin da subito una notevole passione proprio per questi casi controversi, al punto da ritenere che anche la compianta genitrice sia stata vittima di un tale fenomeno.

Nonostante alle donne sia vietato prendere parte a tali pratiche, l’esperto padre Quinn, a capo della scuola di esorcismi, nota in Ann un enorme potenziale e decide di infrangere le regole e permetterle di assistere alle sue lezioni. Ann stringerà un rapporto molto particolare con Natalie, una bambina nella quale sembra dimorare un potente demone.

Gli occhi del diavolo: fino all’ultima preghiera – la recensione del film

Dopo il battesimo dell’acqua è il turno del battesimo del fuoco per la malcapitata protagonista di quest’horror a tema esorcistico, privo di soluzioni interessanti e destinato a seguire le vie dell’improbabile in una fiacca rivisitazione del genere. Disponibile su Netflix, Gli occhi del diavolo mette al centro una vicenda privata dal taglio femminista, senza però avere il coraggio di affrontare tematiche scomode e complesse con la giusta profondità, rivelando minuto dopo minuto le falle di una sceneggiatura superficiale che si indirizza esclusivamente a un intrattenimento fine a se stesso.

Novanta minuti di visione nei quali non mancano alcuni topoi ricorrenti, con i posseduti capaci di camminare sui muri, la levitazione, la voce trasfigurata, escoriazioni varie e via dicendo, con tanto di pancione che si ingrossa in una sorta di scarica riflessione sulla maternità e sulla violenza nei confronti delle donne.

Ancora una volta

Come si suol dire “l’assassino torna sempre sul luogo del delitto” e dietro la macchina da presa ritroviamo infatti Daniel Stamm, che era salito alla ribalta delle cronache cinematografiche proprio con L’ultimo esorcismo (2010), mockumentary di grande successo che aveva addirittura generato un sequel.

Qui lo stile di ripresa è invece fin troppo tradizionale e non lascia spazio all’immaginazione, con tutto mostrato e chiarito fin troppo palesemente anche nella gestione di quei colpi di scena che rasentano l’assurdo, togliendo ulteriore verosimiglianza a una vicenda già di per sé poco credibile.

Incubi e jump-scare assortiti rendono Gli occhi del diavolo tanto facile da vedere quanto prevedibile, con le interpretazioni dello spento cast che complicano ulteriormente la potenziale immedesimazione da parte del pubblico, con la canadese Jaqueline Byers nel suo primo ruolo da protagonista. Per un film privo di tensione ed emozione, schiavo di un formalismo castrante e annichilente.

Conclusioni finali

Ne Gli occhi del diavolo la paura è la grande, ingiustificata, assente e gli spaventi sono davvero al minimo storico, con buona pace del Belzebù di turno, che qui non terrorizza davvero nessuno. La storia di una giovane suora, reduce da un profondo trauma nella sua infanzia, che si prende a cuore il caso di una bambina posseduta, svia ben presto su soluzioni e sottotrame sempre più improbabili.

Personaggi monodimensionali si muovano in quest’ennesima, scontata, disfida tra il Bene e il Male, dove il rituale esorcistico viene visto da uno sguardo femminile, con improbabili cliffhanger annessi e un ridondare di temi più o meno stratificati inseriti a casaccio senza eccessiva convinzione, nella ricerca di un intrattenimento a tema che risulta a conti fatti un gratuito riciclo di cliché.

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