Francesco Maria Mancarella, compositore, pianista e direttore d’orchestra, diplomato al conservatorio Tito Schipa di Lecce in pianoforte Jazz con il massimo dei voti e in tecnologie dell’industria audiovisiva con master universitario in composizione per musica da film, è salito sul palco del Festival di Sanremo 2024 per dirigere l’orchestra durante l’esibizione di Alessandra Amoroso, in gara con il brano ‘Fino a qui‘. Dal 26 gennaio scorso, è disponibile in digitale “NORD” (Sony Music Italia), il nuovo Ep di Mancarella, conosciuto a livello internazionale per il progetto “Il pianoforte che dipinge”.
Mancarella, ha all’attivo diverse pubblicazioni discografiche come autore, compositore, arrangiatore, direttore musicale e produttore artistico. Collabora con grandi orchestre del panorama nazionale ed internazionale come Bulgarian National Symphony Orchestra (Sofia), Orchestra Ritmosinfonica Italiana (Canale5), Southern Est Europe Orchestra. Si è esibito in Italia e all’estero in rassegne importanti, tra le quali Piano City Milano, Milano Music Week, Calatafimi Festival di Segesta, e in luoghi prestigiosi come la Steinway hall di Miami e l’Arena di Verona. Ha aperto i concerti di Francesco De Gregori, Paola Turci, Paolo Vallesi, Enrico Ruggeri e ha collaborato, tra gli altri, con Sud Sound System, Irene Robins, Von Washinton, Nabil bay, Josiel Konrad, Daniel Fasano e, per il Festival di Sanremo 2024, con Alessandra Amoroso.
Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Francesco Maria Mancarella che ci ha parlato dei suoi progetti lavorativi e dell’emozione di dirigere un’artista in gara a Sanremo.
Francesco Maria Mancarella: intervista al direttore d’orchestra di Alessandra Amoroso
E’ disponibile “NORD” (Sony Music Italia), il nuovo Ep, come nasce questo progetto?
“Questo progetto nasce in Islanda, una terra meravigliosa, ancestrale, dove l’uomo si riconnette con la natura e dove quindi l’uomo si riconnette alla propria introspezione e alla possibilità di riscoprirsi ma non solo. A quella possibilità di far vibrare le corde dell’anima insieme alle corde di un pianoforte. L’idea di base è questa: cercare di spogliare la musica di tutto quello che c’è di superfluo, affinché si possano ascoltare soltanto le note e l’armonia di quello che c’è intorno dove ognuno può essere affascinato da questi paesaggi suggestivi che vengono raccontati e descritti con queste armonie particolari e nordiche che richiamano e riecheggiano la musica nord-europea“.
Come mai proprio il Nord Europa?
“Come punto di riferimento per la musica più moderna legata al pianoforte e alla musica in genere del Nord Europa a cui strizzo l’occhio con grande piacere. E anche perché il Nord, non soltanto come punto geografico, ma anche inteso come andare verso nord, un orizzonte, un obiettivo per andare sempre avanti. Avere una linea che possa essere concreta e rispecchiare quello che insomma è il mio modo di vedere la musica“.
A Sanremo dirige Alessandra Amoroso, come è nata la vostra collaborazione?
“La collaborazione è nata da un profondo senso di amicizia e di stima che ci lega da molti anni. C’è un piccolo aneddoto che è molto divertente e che mi ha portato sul palco dell’Ariston. Lo scorso anno, nello stesso periodo, ero a fare un concerto a Miami in piano solo e Alessandra che era negli Stati Uniti mi ha detto: “Ti andrebbe se vengo ad ascoltare il tuo concerto?”. Io ho risposto: “Si Ale certo, vieni a trovarmi e così abbiamo avuto modo di vederci e salutarci”. Dopo il concerto siamo andati a cena insieme come fanno dei buoni amici e abbiamo parlato dei nostri progetti del futuro, di quali sono i nostri sogni e i nostri desideri. E io ho espresso il desiderio di dirigere l’orchestra a Sanremo e Alessandra che ancora non sapeva di dover realizzare questo Sanremo 2024 mi ha fatto la promessa: “Se dovesse accadere che vado a Sanremo, sarei tu a dirigere la mia orchestra”. E così è stato, un anno da questa data“.
I maestri d’orchestra sono diventati veri e propria personaggi tv, riconosciuti anche dal grande pubblico. Come vivS il Fantasanremo? Siete al centro delle modalità per ottenere punti, grazie al fatto che l’artista consegna fiori al suo direttore.
“Il fantasanremo è un gioco molto carino, soprattutto divertente perché consente a tante persone di essere vicini al mondo della musica e al festival. Come tutti i giochi ha un potere accattivante nei confronti del pubblico, è qualcosa di molto divertente. Ieri mi hanno fatto salire sul palco dell’Ariston, ed è la stata la prima volta per me, inteso non come podio ma palco vero e proprio quando Alessandra mi ha chiamato con i Boomdabash. Non so se ci fosse qualche punto al Fantasanremo ma qualche punto anche per questo l’abbiamo preso, oltre la consegna dei fiori. Io cerco di fare quello che posso ma tutto quello che succede sul palco non è fatto con l’obbiettivo legato ad una vittoria in punteggio ma per fare qualcosa di bello e di spontaneo. Se poi può contribuire a far divertire il pubblico visto che la trasmissione tv che coinvolge tante persone, ben venga, è qualcosa di buono“.
Nella serata cover ci sono state proteste contro il verdetto finale. Come vive un direttore d’orchestra tale atteggiamento, cosa avrebbe fatto se fosse capitato all’artista in gara con lei?
“Una delle caratteristiche del mio carattere è di essere educato e sopratutto elegante nel modo di approcciare nella vita e questa eleganza purtroppo non c’è stata ieri. A prescindere da quello che può essere il gusto personale, fischiare un artista non è mai una cosa buona perché c’è tanto sacrificio e tanto impegno. E ad oggi posso capire tutto quello che c’è dietro questa macchina, che è un macchina incredibile che fa muovere tante cose. Non è buono ricevere insulti, non è giusto. A prescindere dalla gara c’è un discorso anche legato all’etica, all’essere anche spettatore. È una prerogativa importante, non tutti possano accedere al teatro e se tu ci sei riuscito, puoi godere di questa serata, devi avere anche un rispetto per il teatro stesso che tante volte viene sovvertito dalla potenza della tv. È un luogo sacro, bello, bisogna rispettare questa cosa qui“.
È la sua prima volta a Sanremo, che emozioni ha vissuto a questo debutto?
“L’emozione al debutto è stata molto intensa, rivedendomi oggi facevo un po’ il punto della situazione perché ad una settimana di distanza si trae una conclusione. Mi sono davvero reso conto di aver calcato quel palcoscenico dell’Ariston la mattina successiva, quando ho rivisto l’esibizione, e quindi rivedendo l’emozione che c’è stata mi sono emozionato. Lì per lì ero molto concentrato, molto attento a far bene come dovrebbe fare un professionista. È chiaro che prima di salire su quel palco, c’è quell’adrenalina che però deve sfociata in quel senso, se non ci fosse l’adrenalina non avrebbe senso il lavoro che facciamo. È un lavoro di sacrificio e anche un lavoro che facciamo per passione, nessuno lo fa per obbligo, altrimenti farebbe altro. Se non c’è l’emozione, secondo me, è inutile fare questo tipo mestiere che comunque è legato all’anima, all’aspetto della musica“.
Come si è avvicinato alla musica e perché hai scelto la direzione d’orchestra?
“Mi sono avvicinato perché mio padre fa il mio stesso lavoro, come mio zio, mio fratello, mio nonno. Siamo una famiglia di artisti, mi ci sono un po’ trovato all’interno della musica. Ho studiato al conservatorio, pianoforte, musica classica quando ero piccolo e l’ho fatto sempre con grande piacere. Sono molto determinato e convinto, per cui per esempio quando studiavo musica classica cambiavo i temi di Bach e la mia maestra dell’epoca si arrabbiava con una pazza per questa storia. Questo che prima poteva essere un problema per me, è diventato peculiarità con il passare del tempo perché mi ha fatto avvicinare all’aspetto creativo della musica e a quello della composizione. Quando ho studiato composizione classica e composizione per musica da film, in un modo o nell’altro la direzione d’orchestra è qualcosa di collaterale. La parte che mi interessa di più è scrivere la musica, scrivere la musica su partitura, creare l’arranggiamento, creare l’orchestrazione, è quello che più mi diverte perché mi dà la possibilità di esprimere la mia creatività e varcare soglie, porte che magari non sono state mai esplorate prima. Quindi mi permette di vivere una vita all’insegna del non sapere, è anche bello quello, non dare una connotazione standard alla propria vita come fosse la vita di ufficio ma una vita di sorpresa ogni giorno”.
In passato c’è stata una polemica sull’uso delle parole il o la direttore/direttrice di orchestra. Come vi sentite a fare lo stesso mestiere di chi viene travolto da polemiche?
“È una cosa molto semplice. Purtroppo in Italia, ma in generale nel mondo, si dà il giusto peso alle parole ma nei momenti sbagliati e nelle cose inopportune. Se guardiamo anche l’aspetto dei social, ognuno cerca di dire quello che vuole, fa quello che vuole, offende chi vuole e nessuno dice niente. Poi in un modo o nell’altro esiste una polemica e tutti danno peso a quelle parole che un minuto prima non l’avevano. Per cui in generale nella vita cerco di non avere due pesi e due misure. Non si può vivere così in modo (???) in bianco o nero, c’è sempre un grigio. Sta all’intelligenza delle persone che approcciano con questo cercare di capire a chi dare importanza e a cosa dare meno importanza. Talvolta penso che invece di parlare di musica, di parlare di quello che è il nostro lavoro, si cerca come scopo primario parlare d’altro perché forse c’è anche meno dall’altra parte. Per uno come me che ama la musica, che è interessato a far un buon lavoro e a comportarmi in maniera professionale, tutte il resto a me non tocca particolarmente”.
Quali altri progetti ha in cantiere?
“Sicuramente la prossima estate sarà in tour con i miei concerti in piano solo che è a me piace particolarmente perché mi permette di raccontarmi non solo con la musica ma anche con le parole, con la videoproiezione di paesaggi, di documentari che è una cosa che io faccio molto interessante e che descrive poi quello che io faccio in musica. Racconto qual è il mio lavoro, quali sono gli scenari che io cerco di raccontare con le mie composizioni. Il teatro è qualcosa che ci sarà i prossimi mesi perché mi dà la possibilità di parlare con il pubblico, di incontrarlo e di creare quel legame indissolubile che dovrebbe esserci tra pubblico e artista. Una cosa importante che spesso non diciamo è che affinché ci sia lo spettacolo, c’è la necessità di avere un attore, qualcuno che faccia qualcosa, e dall’altra parte un pubblico che possa ascoltarlo. Altrimenti lo spettacolo non esiste. Così come è importante il palco, è altrettanto importante il pubblico che viene al teatro o ai concerti”.
C’è un cantante, oltre a Alessandra Amoroso, che le piacerebbe dirigere?
“C’è ne sarebbero tanti. Più che il cantante è il progetto che mi interessa di più. Strizzo l’occhio ai giovani, perché comunque portano innovazione all’interno di questo mondo e questo settore. Dovessi farti un nome di questo Festival, io sono da sempre un fan di Nek quindi mi piacerebbe magari dirigere lui, ovviamente con il pezzo giusto e con la possibilità di contribuire nel migliore dei modi“.