Fly me to the moon, la recensione della commedia “lunare”

Film

Cole Davis è il responsabile del programma che coordina il tanto atteso viaggio lunare dell’Apollo 11. L’uomo, consumato dal senso di colpa in quanto si sente responsabile di un incidente che è costato la vita ad alcuni astronauti, ha un passato da pilota ma per via di un problema cardiaco è impossibilitato a prendere parte attivamente alla missione. Kelly Jones è invece un’esperta di marketing senza scrupoli che viene ingaggiata dal governo degli Stati Uniti per promuovere la missione agli occhi dell’opinione pubblica e attrarre così un numero sempre maggiore di investitori.

In Fly me to the moon d’altronde gli Stati Uniti erano pronti a tutto pur di vincere la corsa allo spazio nei confronti del rivale sovietico, dato da molti osservatori come il favorito a conquistare per primo il satellite terrestre. Cole e Kelly si ritroveranno a collaborare fianco a fianco e pur nella loro discrepanza di idee e con metodi ben diversi, tra loro scatterà la scintilla…

Recensione Fly me to the moon: tra cielo e terra

Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito” recita il famoso proverbio, che ben si potrebbe adattare a quanto accade nelle due ore di visione di Fly me to the moon, ispirato sì alla vera missione che ha visto gli americani conquistare per primi il suolo lunare ma ricco di fantasia e di falsi storici per dar forma ad una commedia a prova di grande pubblico.

Un film all’insegna dello charme fin a cominciare dalla scelta dei protagonisti, con Scarlett Johansson e Channing Tatum a incarnare due figure inizialmente agli antipodi che pian pano si vengono incontro, anche e soprattutto per via di quella reciproca attrazione che diventa progressivamente una love-story in piena regola, seguendo in pieno la tradizione della Hollywood classica. E proprio nel suo sembrar uscito da altri tempi il film ha probabilmente perso la sua battaglia al botteghino, tanto da essere considerato uno dei maggiori flop della scorsa stagione.

Dimmi la verità

Fly me to the moon è infatti distante da molto del cinema hollywoodiano contemporaneo, una visione amabilmente imperfetta nel quale si mescolano toni e umori, sempre e comunque all’insegna della leggerezza.

Il tutto su un’impalcatura narrativa che non si fa remore di tirare in ballo teorie complottiste, su tutte quella relativa al fatto che il video dello sbarco sarebbe stato un fake girato ad arte da Stanley Kubrick. Qua naturalmente non viene tirato in ballo il leggendario regista, ma un fittizio collega chiamato proprio per realizzare una versione “di riserva” qualora la missione ufficiale non fosse andata per il verso giusto.

Sussulti metacinematografici si mescolano così alla vicenda personale dei protagonisti, rischiando a tratti di smarrire la bussola anche per via di un’eccessiva durata – due ore e undici minuti, titoli di coda inclusi – che lascia campo aperto a tempi morti o a passaggi meno interessanti. Ma la sceneggiatura è anche lucida nel mostrare l’importanza del battage pubblicitario e di come la verità sia facilmente manipolabile dai poteri forti, pronti a tutto affinché l’immagine abbia la meglio su una realtà ipoteticamente rischiosa.

Conclusioni finali

Gli alieni sono forse tra noi, come cita uno dei personaggi chiave di Fly me to the moon, ma ad arrivare sulla Luna saranno uomini in carne e ossa, non importa se veri astronauti o attori ingaggiati ad hoc sotto la guida di un famoso regista. Perché per non sbagliare, sempre meglio avere un’alternativa pronta, soprattutto se la posta in palio è la supremazia nello spazio contro l’odiato nemico sovietico.

Una commedia brillante, a tratti sbilenca ma potente contare sul fascino innegabile di Scarlett Johansson e Channing Tatum, in grado di magnetizzare l’attenzione del pubblico anche nelle fasi parzialmente più di stanca delle due ore e rotti di visione. Che tra verità e finzione, complottismo e idealismo, mostrano vizi e virtù di un’America che non poteva permettersi di arrivare seconda.

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