Ci ha abituati a far ridere e ora però ci fa commuovere. Michela Giraud esordisce alla regia con un film, “Flaminia”, in uscita nelle sale l’11 aprile, che è davvero un piccolo gioiello. Un film in cui la comica si è ispirata alla sua storia vera raccontando il rapporto con sua sorella e l’autismo. Ad interpretare Flaminia è la stessa Michela Giraud. La vita di Flaminia, una giovane che vive a Roma Nord non i suoi genitori, viene rivoluzionata quando Ludovica, la sua sorellastra autistica fa ritorno a casa. “Flaminia” è un film che esplora l’importanza delle relazioni familiari e che affronta temi importanti e urgenti come l’autismo e il body shaming.
“Flaminia”, intervista esclusiva a Michela Giraud e Rita Abela
Noi di SuperGuida TV abbiamo video intervistato in esclusiva Michela Giraud e Rita Abela che nel film interpreta la sorellastra Ludovica. La comica ha scelto di girare il film a Roma nord, un quartiere in cui il culto del corpo e l’importanza dei soldi la fanno da padrone. Sono questi i valori che scontrandosi creeranno un conflitto in Flaminia. Cercando di surfare la polemica di Pietro Castelitto di qualche tempo che aveva osato paragonare Roma Nord al Vietnam, abbiamo chiesto alla Giraud se il quartiere di Roma tratteggiato nel suo film sia davvero un posto così feroce: “E’ un posto in cui l’esteriorità conta tanto. Mi sono sempre chiesta come sia possibile che chi vive in un luogo con così tanti mezzi economici sia interessato ad esplorare solo l’aspetto superficiale senza scavare a fondo. Chi ha i soldi può permettersi di studiare ma anche di viaggiare. La conoscenza è una forma di ricchezza”.
Per Rita Abela interpretare Ludovica è stata una sfida importante: “Mi sono approcciata con grandissima serietà. Conoscevo il mondo dello spettro autistico perché in alcuni impegni teatrali mi era capitato di interfacciarmi con persone autistiche. In questo caso mi sono lasciata attraversare da Ludovica e ad oggi mi sento una persona migliore. Ci sono alcune canzoni presenti nel film che non riesco più ad ascoltare senza commuovermi”.
Il film è un’occasione per parlare anche di un altro tema di attualità, il body shaming. Proprio qualche settimana fa è diventato virale in rete un video in cui una ragazza denunciava di essere stata derisa in palestra per la sua forma fisica. A tal proposito, Michela Giraud dice: “Siamo di fronte ad un’esplosione del social. C’è stato un momento nel quale ci siamo resi conto che è tutto un inganno. Ho avuto un momento nel quale mi sono sentita attaccata o meglio avevo scelto di vedere le critiche e non i complimenti. Ragionandoci ho pensato che era paradossale soffrire per qualcosa che non c’era. Altre volte i social sono però un grande mezzo come ha dimostrato quella ragazza derisa in palestra che ha trovato il coraggio di mostrare le sue fragilità denunciando l’ingiustizia del bullismo. Ci sono delle espressioni che detesto. La frase “ma che sei mongoloide?”, è qualcosa di veramente agghiacciante. Ho voluto fare questo film per far capire alle persone che devono smetterla con la cattiveria e i commenti superficiali”.
Rita Abela condivide il pensiero di Michela Giraud e riporta una sua esperienza personale: “Agli inizi quando facevo i provini per i film mi capitava di sentirmi dire che cercavano una persona grassa ma non troppo come me. Da adolescente capitava invece che qualcuno mi dicesse che ero bella dentro. Questa cosa non l’ho mai capita perché per me o una persona è bella o non lo è. Dovremmo imparare a rivalutare il concetto di bellezza. La bellezza è qualcosa che si sente, si percepisce”.