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Finché morte non ci separi, la recensione dell’horror

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La bella, biondissima, Grace diventerà ufficialmente la moglie di Alex, ultimo rampollo della ricca famiglia Le Domas, che ha costruito il suo impero finanziario su un popolare gioco da tavolo dal successo globale. La festa di matrimonio viene celebrata nella sfarzosa villa, con boschetto annesso, appartenente alla dinastia da generazioni ma la prima notte di nozze non è esattamente quella che la fresca sposa si sarebbe aspettata.

In Finché morte non ci separi, Grace scopre infatti con sorpresa come tutti i nuovi membri che entrano a far parte di quella ristretta ed elitaria cerchia debbano partecipare a un gioco. La sera stessa la protagonista si ritrova a partecipare all’estrazione di una carta, dal quale potrebbe dipendere il suo destino. Malauguratamente la fortuna non le arride e sceglie per lei il nascondino: Grace si ritroverà al centro di una partita mortale, nella quale dovrà nascondersi dagli altri invitati e dai padroni di casa se vorrà arrivare viva all’alba.

La recensione di Finché morte non ci separi: film semplice ed efficace

Una location suggestiva per innescare una vicenda tanto improbabile quanto accattivante, ambientata in quella sfarzosa dimora che offre sì numerosi posti dove trovare momentaneo rifugio ma altrettante insidie, soprattutto quando si viene braccati da un folto numero di personaggi che intendono esclusivamente farti la pelle prima del sorgere del sole.

Disponibile nel catalogo Netflix, Finché morte non ci separi sfrutta questa premessa ai limiti dell’assurdo per offrire un’ora e mezzo di sano e godibile intrattenimento a tema, nella miglior tradizione del cinema slasher. A una violenza piacevolmente sadica ma mai gratuita si accompagna un divertimento genuino, tale da rendere appetibile il tutto a un pubblico eterogeneo e non esclusivamente agli appassionati dell’horror, che comunque andranno “letteralmente” a nozze con la messa in scena.

Run for your life

La caccia tra i gatti e il topo vede una tostissima Samara Weaving in abito da sposa, il cui candido bianco si sporca sempre di più di quel sangue che trasforma la sua notte di matrimonio in una vera e propria mattanza senza esclusione di colpi, con anche i membri più piccoli di questa famiglia disfunzionale a imbracciare le armi pur di eliminare la presunta preda. D’altronde, secondo la leggenda che si tramandano di generazione in generazione, se non riuscissero nel loro intento omicida saranno loro stessi a pagare con la vita il mancato delitto.

Eppure qualcuno, a cominciare dallo sposo che già titubava prima del fatidico sì, conscio di quell’ipotetico destino alle porte, sembra navigare potenzialmente in favore di questa moglie già inevitabilmente scomoda e simpatie / antipatie possono risultare determinanti nel corso dei sempre più incalzanti eventi, fino a quell’epilogo paradossale e azzeccatissimo nel suo contestualizzarsi a un’operazione di fatto “giocosa”, che non si prende troppo sul serio per distruggere iconografie e istituzioni, a cominciare da quelle matrimoniali. E con un cast di supporto eterogeneo e di assoluto rispetto, tra cui Adam Brody e Andie MacDowell in un paio di ruoli chiave.

Conclusioni finali

Finché morte non ci separi, ovvero uno degli impegni cardine a siglare un matrimonio, è un titolo quanto mai significativo per un film che invece destabilizza proprio l’istituzione coniugale tramite le affilate armi dello slasher. Un horror tosto, divertito e divertente, popolato da personaggi e situazioni grottesche in una vicenda che richiama il classico gioco del nascondino.

La sfortunata protagonista, novella sposa, si trova a lottare per la sopravvivenza nell’immensa dimora della sua nuova famiglia, vittima di una leggenda / maledizione che la vede quale malcapitata vittima sacrificale. Una violenza cool e personaggi amabilmente sui generis in una grottesca resa dei conti, da apprezzare nella sua anima metaforicamente ludica.

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