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Fabio Caressa al BCT Festival: “Vorrei fare una trasmissione di satira sul calcio. Lavorare con Benedetta? Sono anni che ci pensiamo | INTERVISTA

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Il giornalista e telecronista Fabio Caressa ospite al BCT – Festival Nazionale del Cinema e della Televisione di Benevento è stato protagonista di un incontro con il pubblico nella magica cornice della città campana. Romano, classe 1967, Caressa è tra i telecronisti più seguiti e amati dal pubblico italiano. Voce prima di Telepiù e poi di Sky dal 2003, ha raccontato insieme all’amico Beppe Bergomi i più grandi eventi calcistici italiani e internazionali degli ultimi vent’anni, tra cui i Mondiali del 2006 e la recente avventura di EURO 2020.

Rimangono indelebili nella memoria degli italiani il suo “Andiamo a Berlino, Beppe” dopo la vittoria dell’Italia contro la Germania nel Mondiale del 2006 e “Grazie Signore che ci hai dato il calcio”, in occasione della vittoria dell’Italia agli ultimi europei. Dal 1999 è sposato con la Benedetta Parodi, da cui ha avuto tre figli: Matilde, Eleonora e Diego. Autore di libri di grande successo, tra cui “Gli angeli non vanno mai in fuorigioco” e “La favola del calcio raccontata a mio figlio”.

Al suo esordio sui social, in occasione della finale di EURO 2020, ha realizzato numeri da record: più di 260k followers in 72 ore su Instagram, raggiungendo più di 10 milioni  di persone e generando oltre 1 milione di interazioni. Il primo reel, con il discorso motivazionale della partita inaugurale dell’Europeo, ha raggiunto quasi  milione di visualizzazioni in sole 24 ore e ad oggi siamo ad 1,8 milioni.

Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Caressa, e con lui abbiamo parlato della sua carriera, di tv e della possibilità di lavorare in televisione con sua moglie Benedetta Parodi.

Fabio Caressa, intervista esclusiva al giornalista e telecronista

Fabio Caressa giornalista e telecronista di successo: come nasce la passione per questa professione e quali erano i suoi miti? 

“La passione per il giornalismo è nata guardando Mino Damato, un giornalista che seguivo. Poi con mio fratello e un caro amico che si chiama Pietro, giocando a Subuteo abbiamo iniziato a fare tutti e tre le telecronache, loro si sono fermati e hanno fatto altri mestieri, io invece ho continuato. È lì che è nata la passione per il calcio e che mi accompagna da sempre. Ho messo insieme le due cose ed è andata bene”. 

Il ricordo più bello di un’intervista è di una telecronaca? 

“Le telecronache che ricordo con piacere c’è senza dubbio “Andiamo a Berlino”, quindi la semifinale e la finale del Mondiale, insieme con la finale dell’Europeo sono le tre che ovviamente sono più nel cuore. Poi c’è una in particolare che è un quarto di finale di Europa League, con una grande rimonta del Liverpool sul Dortmund, una partita insospettabile, che ci emozionò molto sia a me che a Beppe Bergomi. Di interviste ne ho fatte molte, quella che ricordo sempre con più piacere fu la prima intervista che feci a 19 anni, intervistai Nils Liedholm a Roma, lui aveva una personalità prorompente, magari qualcuno che ci vede neanche lo ricorda. È stato un grande allenatore della Roma e del Milan, ha vinto una stella con il Milan e lo scudetto con la Roma negli anno ’80, è stato un grandissimo campione del passato, un mondiale nel ’58 in Svezia, è stata una grandissima bella emozione. Lui diceva sempre di se: ‘il più grande applauso che ho preso l’ho preso a Milano dopo che ho sbagliato un passaggio dopo un anno'”.

Come è cambiata la professione negli anni? 

“Sono cambiati innanzitutto i mezzi di comunicazione, e quindi è diventato necessario modificare il proprio linguaggio in base al mezzo di comunicazione che si utilizza. Io in questo momento lavoro in televisione, sui social, in radio, scrivo libri; sono quattro modi diversi di raccontare le cose, e devi essere capace di modificarti per riuscire nel giusto modo a raccontare. È cambiato anche moltissimo il modo di fruire le notizie, anche il mio modo di apprendere le cose, con internet ad esempio, da un lato è diventato molto più facile documentarsi, dall’altro è molto più diffuso e quindi la documentazione che devi avere alle spalle deve essere molto più profonda”.

So che per una scommessa con suo figlio Diego ha dovuto aprire i suoi profili social: come se la cava? Le piace?  

“Ho una grande fortuna, lavoro con una società che si chiama Realize Networks, che mi ha fornito una squadra con cui lavorare fatta di grandi professionisti che conoscevano il mezzo e che mi stanno insegnando a lavorare su un mezzo di comunicazione che io non conoscevo. Bisogna sempre essere umani e riuscire a capire che si deve migliorare nelle cose che si fa, io in questo so che devo ancora migliorare, per fortuna ho una grande squadra con me, e se si riesce a lavorare in squadra, le cose vanno sempre bene”. 

Lei appassionato di sport sua moglie appassionata di cucina: avete mai pensato a un programma insieme e che unisse le sue vostre passioni? 

“Sono anni che pensiamo di fare un programma insieme, anzi facciamo un appello. Credo che immodestamente, il fatto che ci completiamo nella vita ci permetterebbe di completarci anche in Tv. Mi piacerebbe moltissimo”. 

Su alcune reti molti programmi sportivi sono un spariti dai palinsesti. C’è un programma del passato che le piacerebbe riproporre?

“Io non sono uno che è molto ripiegato sul passato, guardo sempre avanti. Però non si può non ricordare le grandi trasmissioni del passato. C’è una cosa che adesso manca in televisione, e non è un caso che sto cercando di metterci la testa, ed è una trasmissione di satira calcistica, anche se vogliamo un po’ ruvida. C’è in politica questo tipo di trasmissioni ma non c’è sul calcio. Credo che sia arrivato il momento di ritornare a ridere sul calcio perchè cominciamo a ridere un po’ meno e ad essere troppo seriosi”. 

VIDEO – Intervista a Fabio Caressa

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