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El Campeón (The Champion), la recensione (no spoiler) del dramma calcistico

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Sul finire della stagione calcistica, l’Atletico Madrid sta lottando per il titolo e tra i suoi giocatori fondamentali vi è il ventenne Diego, idolo dei tifosi nonché capocannoniere della squadra. Durante uno dei match potenzialmente decisivi, il fuoriclasse sbaglia un calcio di rigore e in preda alla rabbia commette un fallo gratuito sul portiere avversario: l’espulsione e la conseguente squalifica per due giornate – che potrebbero diventare tre – rischiano di rovinare la rincorsa al titolo.

L’opinione pubblica è scioccata e la società cerca allora di correre ai ripari prima che sia troppo tardi, sia per salvaguardare l’immagine del campione che per i propri interessi di club. Viene così annunciato in una conferenza stampa che Diego sarà affidato nelle settimane a venire a un tutore, che lo aiuterà negli studi mai completati nella speranza di renderlo un uomo migliore: la scelta ricade su Alejandro Castro, che si prenderà a cuore più del previsto il futuro del ragazzo.

El Campeón (The Champion): dentro o fuori – la recensione

Di solito è il nostro cinema che rifà quello di altri Paesi, ma in rari casi avviene anche il percorso inverso: El Campeón è infatti il remake di un film italiano di qualche anno fa, ovvero Il campione (2018). D’altronde in Spagna come in Italia il calcio è una vera e propria religione, quell’oppio dei popoli che spinge masse di tifosi ad accorrere agli stadi ogni domenica, e titoli come questo attecchiscono facilmente anche sul grande pubblico televisivo, tanto che nei primi giorni di uscita sulla piattaforma la pellicola ha scalato la classifica dei titoli più visti su Netflix, dove è disponibile in esclusiva.

La sceneggiatura ci accompagna nella rocambolesca quotidianità di questa celebrità sportiva, ricalcata in maniera non proprio lusinghiera su alcuni modelli che vogliono i calciatori come ignoranti e interessati esclusivamente al dio denaro. E infatti nella prima parte almeno il carattere di Diego rispecchia appieno il presunto prototipo, salvo poi modificarlo il corsa in seguito all’entrata in scena di questo reticente pedagogo.

Una duplice vittoria

Un tardivo coming-of-age nel quale il cosiddetto El Campeón si trova per la prima volta a fare i conti con quella dislessia che aveva sempre ignorato e ad affrontare le ingerenze di quel padre-padrone che si premura di curare soprattutto i suoi interessi, incurante della volontà di quel figlio che sogna di diventare una bandiera per la sua squadra del cuore. Ecco così che il legame tra l’allievo e il maestro assume connotati psicologici e introspettivi importanti, che scavano nei lati oscuri di entrambi per riportarli a nuovi, rispettivi, inizi.

Va detto che nel corso dei cento minuti di visione la narrazione segue un filo prestabilito e prevedibile, senza effettivi colpi di scena o sorprese che possano far variare il racconto dall’impostata linearità di fondo, se si esclude quell’epilogo parzialmente aperto che si chiude sullo sguardo rivolto in camera di un calciatore, schiavo e al contempo padrone della dura legge del gol.

Conclusioni finali

Non è un esempio per i più piccoli, ma nemmeno per i più grandi, ma è la stella dell’Atletico Madrid e per i tifosi questo potrebbe anche bastare; non certo per l’opinione pubblica e per gli addetti ai lavori, tanto che dopo l’ennesima sfuriata che gli è costata una squalifica in un momento chiave viene addirittura ingaggiato un tutore per cercare di rimetterlo sulla retta via.

Rifacimento in salsa spagnola dell’italiano Il campione (2018), il film si concentra sul legame su due figure apparentemente agli antipodi ma a loro modo complementari, raccontando più vizi che virtù di una stella del calcio alla prese con una vita sregolata. El Campeón si lascia guardare ma non offre nulla di effettivamente originale e accattivante, rivolgendosi soprattutto a coloro che vivono di pane e pallone.

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