Paganini, 4 novembre su La 2

«Dodici cantanti di tre sessi: uomini, donne e castrati, saranno sufficienti per la sua esecuzione. Cioè: otto per il coro, quattro per i solisti, in totale dodici cherubini. Dio mi perdoni se faccio il seguente paragone: dodici sono anche gli Apostoli nel famoso colpo di mascella dipinto ad affresco da Leonardo, noto come l'Ultima cena, chi ci crederebbe! Ma tra i tuoi discepoli ci fu anche chi prese note sbagliate, Signore... Ma puoi stare tranquillo, non ci sarà nessun Giuda alla mia cena e i miei apostoli canteranno perfettamente con amore sia le tue Lodi sia questa piccola composizione che è, ahimè, l'ultimo peccato mortale della mia vecchiaia». È con queste divertenti righe - scritte a Passy, vicino Parigi, nel 1863 - che il settantunenne Gioachino Rossini volle introdurre la Petite messe solennelle, la sua ultima grande composizione che si pone all'esatto incrocio tra l'arte che lo rese celebre e ricchissimo - ovvero il teatro lirico - e quelle musiche sacre e da concerto che lo tennero (relativamente) occupato dopo il suo ritiro operistico del 1829. Paganini ripropone questo piccolo gioiello - nella puntata di domenica 3 novembre, dalle 11.00 su RSI LA1 - nell'interpretazione di Riccardo Chailly alla testa dei più celebri gruppi vocali e orchestrali di Lipsia (Gewandhaus Orchester, GewandhausChor, Chor der Oper Leipzig).