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Canary Black, la recensione dell’action-movie (no spoiler)

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Avery Graves è un’agente segreta che lavora per il governo degli Stati Uniti, considerata la migliore del suo campo, nonché “figlia d’arte”. Il suo capo è il direttore della CIA Jarvis, che ha collaborato con suo padre per anni e per questo prova un profondo affetto nei suoi confronti, avendola seguita passo passo sin dalle sue prime missioni. La protagonista di Canary Black è sposata con David, che lavora per Medici senza Frontiere ed è all’oscuro dei suoi incarichi più pericolosi. Di ritorno da una missione a Tokyo, spera finalmente di potersi riposare un po’ ma si trova alle prese con una situazione imprevista: quando suo marito viene rapito da una misteriosa organizzazione, Avery è vittima di ricatto ed è costretta a tradire il governo americano se spera di rivedere il compagno ancora vivo. Ma nel corso della sua disperata corsa contro il tempo, scoprirà che dietro tutto vi son interessi ancora più alti e che nessuno può dirsi innocente.

Canary Black, recensione: una storia già vista

Dopo aver offerto un ruolo da eroina vendicatrice a Jennifer Garner con il perfettibile Peppermint – L’Angelo della Vendetta (2018), il regista francese Pierre Morel torna a offrirci un’altra protagonista femminile forte e risoluta, affidandosi questa volta al carisma senza tempo di Kate Beckinsale, ancora in splendida forma a dispetto delle cinquanta candeline recentemente spente sulla torta.

Memore delle acrobazie che la resero icona nella saga vampiresca di Underworld, l’affascinante attrice è alle prese con dinamiche da canonica spy-story, che la catapultano in una serie di sequenze d’azione via via più rocambolesche, seguendo senza troppa ispirazione i vari diktat di un filone ormai consolidato nel quale è ormai difficile raccontare qualcosa di nuovo.

Io vi copierò

La sensazione nell’ora e quaranta di Canary Black è quella di assistere a una vicenda vista e rivista in tutte le salse, senza spunti originali che possano giustificare il tempo speso per la visione. Tradimenti, doppi giochi, rivelazioni, salvataggi dell’ultimo secondo, inseguimenti su quattro ruote, servizi segreti non poi così segreti e così via, in una fiera della routine che lascia basiti per la mancanza di novità, quasi una sorta di involontario bignami del filone.

Dai tempi di Io vi troverò (2008), primo capitolo dell’iconica saga revenge con protagonista Liam Neeson, il regista non ha più ritrovato la medesima ispirazione e anche in quest’occasione non offre passaggi effettivamente memorabili, ritrovandosi a gestire una sceneggiatura lacunosa senza trovare la giusta chiave di lettura. Pur nella sua sequela di passaggi action, il film procede per inerzia verso quell’epilogo già scritto, ovviamente spalancante le porte ad ulteriori sequel, e nemmeno il fascino della Beckinsale viene sfruttato dovere, rendendo il suo personaggio un mero cartonato copia / incolla di tante altre eroine che l’hanno preceduta.

Conclusioni finali

Con una parrucca bianca si cala da un grattacielo nella frenetica Tokyo, per completare una pericolosa missione mettente già le cose in chiaro con il pubblico. Kate Beckinsale cerca di rilanciarsi in un ruolo action a cinquant’anni compiuti, ma non trova adeguato supporto dal regista Pierre Morel, che pur da specialista del filone procede qui con il pilota automatico.

Nuova esclusiva del catalogo di Amazon Prime Video, Canary Black è infatti l’ennesima, banale, rivisitazione delle moderne spy-story, con la protagonista che si ritrova tradita da tutto e tutti mentre è sotto ricatto e cerca di salvare il marito rapito, ritrovandosi non soltanto alle calcagna i suoi ex colleghi della CIA ma anche invischiata in un complotto internazionale dal quale potrebbero dipendere le sorti del mondo intero. Tutto già raccontato decine e decine di volte in operazioni più ispirate, qui amalgamato in un riciclante copia / incolla del quale non si sentiva la mancanza.

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