Brando De Sica ospite del Magna Graecia Film Festival per presentare il film Mimì – Il principe delle tenebre, un horror-fantastico, che ha conquistato il pubblico del festival cinematografico che si tiene ogni anno nella magnifica cornice di Catanzaro Lido. De Sica, figlio e nipote d’arte, è passato dalla recitazione alla regia con la voglia di portare sul grande schermo una delle sue più grandi passioni: quella appunto per i fil horror. Noi di SuperGuidaTv abbiamo intervistato Brado De Sica e con lui abbiamo parlato del film ma anche della sua famiglia e delle sue passioni.
Brando De Sica – Intervista
Brando De Sica, perchè la scelta di un film horror?
“Perchè è la mia passione, perchè fin da bambino il cinema l’ho scoperto con i film horror. Mio zio Manuel era un grande collezionista e cinefilo, aveva questa parete coloratissima, io presi la videocassetta di Dracula e il Vampiro, la notte dei morti viventi di Romero, per me si aprì il vaso di Pandora. Ma anche attraverso la letteratura, vede il mio primo film non poteva che essere un horror, una lettera d’amore a questo genere di cinema”.
Cosa non doveva mancare in questo film e che ha voluto fortemente?
“Credo che in qualsiasi film non debba mai mancare l’onestà del regista e la passione. I film sono una materia molto complessa, io non riesco a fare le cose senza il cuore, poi possono venire meglio o peggio, l’importante è metterci passione”.
Come ha scelto gli attori?
Sapevo chi era Mimì nella mia testa ma non lo avevo ancora incontrato. Per me l parte del casting è fondamentale, gli attori dopo la sceneggiatura sono la cosa più importante. Venendo da una famiglia di attori e, avendo fatto io stesso l’attore, amo moltissimo tutti i loro aspetti e le loro fragilità, ho fatto un grande casting. Non avevo un grande budget, ma una grande parte è andata proprio investiva per i casting. Ricordo che all’epoca eravamo in tempi di covid, era tutto più complesso. Ho rovinato tanti ragazzi, poi il ruolo di Carmilla è andato a Sara Ciocca e quello di Mimì a Domenica Cuomo, non sono soltanto due fuoriclasse, mi sono molto affezionato a loro e non vedo l’ora di lavorarci nuovamente insieme.
È anche strano farle la domanda di come si è avvicinato al cinema, visto che la sua famiglia è il cinema italiano. Negli anni ha sentito la responsabilità di questo cognome?
Assolutamente si, una grade responsabilità, un grande onore. Spero di fare tutto del mio meglio. Siamo tre generazioni diverse, incomparabile con nonno che era un genio assoluto, ma anche mio padre. Io sarò un pittore della domenica, non lo so, però, tutti e tre siamo molto appassionati di questo lavoro, poi c’è anche mio cugino Andrea, poi c’è la parte dei Verdone con zio Carlo.
Che ricordi ha di lei bambino e questa casa frequentata da star del cinema?
“I miei genitori non frequentano tante persone di cinema, ho avuto la fortuna di conoscerli soprattutto quando sono stato in America, è stata un’esperienza bellissima”.
Lei ha esordito come attore e poi è passato dietro al machina da presa: come mai questa scelta?
“Sapevo fin da subito che avrei voluto fare il regista. Quando fai l’attore fai parte del film, quando invece fai la regia lo fai il film. Da piccolo organizzavo le recite colasti come regista, poi ho iniziato a fare i primi cortometraggi, è arrivata l’opportunità, mi chiamarono per fare una piccola parte in compagni di scuola, fu un periodo bellissimo, subito dopo, visto che la mia vocazione era la regia, scelsi di fare la regia”.
A cosa sta lavorando?
“Sto lavorando a un’altra progetto, è arrivata una proposta anche dall’America”.
Le piacerebbe un giorno racontare in un suo film la storia della sua famiglia?
“Magari in un documentario, perchè no! È un’idea”.