Non c’è Festival di Sanremo senza di lui. Nel 2020 il pubblico dell’Ariston lo ha addirittura accolto con un’ovazione riservata alle grandi star. Beppe Vessicchio è il direttore d’orchestra più amato dal web e dal piccolo schermo. Proprio in questi giorni Beppe è stato ospite della 24a edizione del Magna Grecia Awards & Fest. Acclamato dal pubblico, il direttore d’orchestra si è raccontato tra aneddoti e curiosità. In questa intervista, rilasciata in esclusiva a SuperGuida TV, Beppe ci ha parlato del suo possibile ritorno al Festival di Sanremo per la prossima edizione commentando la vittoria dei Maneskin. Si è poi soffermato a parlare del settore musicale e della difficile ripartenza.
Sulla sua esperienza ad “Amici” ha invece rivelato: “Ho vissuto il passaggio da “Saranno Famosi” ad “Amici”. In quegli anni c’era l’idea che la didattica potesse essere di supporto alla crescita artistica di un ragazzo. Sono stato felice di sapere che alcuni giovani abbiano imparato in quell’occasione il linguaggio musicale e abbiano deciso di proseguire diplomandosi al Conservatorio. Questa è stata una conquista straordinaria perché oggi ci sono tanti artisti che passano sul palcoscenico ma che poi diventano meteore”.
Beppe ci confida anche che da qualche anno a questa parte le donne sono riuscite ad emergere nell’ambito della direzione d’orchestra. Un traguardo importante, segno di un’evoluzione sociale. A proposito di sogni da realizzare, Vessicchio ci dice che la sua aspirazione sarebbe quella di formare un’orchestra giovanile, capace di abbattere la barriera tra mondo classico e popolare. Lui non si sente adatto a vestire i panni di giudice in un talent eppure secondo noi con il suo bagaglio di esperienze se lo potrebbe permettere a testa alta. Chissà che qualcuno non glielo proponga.
Beppe Vessicchio, l’Intervista
Beppe, non molti sanno che prima di intraprendere la strada della musica aveva esordito in un gruppo comico, I Trettrè. E’ un comico mancato?
Sono un comico mancato. L’ironia è una qualità che si apprezza anche nella musica. Il verbo suonare viene tradotto come play in diverse lingue. Giocare con i suoni è un’attitudine che non dovrebbe mai perdersi.
E’ diventata una star in questi anni e soprattutto un’icona del Festival di Sanremo. Quest’anno a vincere l’edizione e anche l’Eurovision sono stati i Maneskin. Anche per lei questa vittoria rappresenta il sintomo di un cambiamento?
La vittoria dei Maneskin ha rappresentato un cambiamento. Siamo immersi in un vortice digitale e il lavoro dei Maneskin con strumenti tradizionali come il basso, la chitarra e la batteria riconduce alla formula classica della cantina in cui i ragazzi possono misurare non solo le loro loro abilità ma aspirare ad una crescita. Il rapporto con l’elettronica spesso è solitario e questo è un fattore che può bloccare l’evoluzione di un musicista. Suonare insieme non ha solo una valore sociale ma è un modo per aspirare ad una crescita.
Quest’anno ha deciso per la prima volta di non dirigere i big. Il prossimo anno tornerà?
Non lo so ancora perché le produzioni non sono state ancora scelte. Mi farebbe piacere tornare per dirigere un giovane. Sono dell’idea che il futuro sia nelle mani dei giovani.
Il settore della musica ha sofferto molto in questo anno e mezzo. Come vede la situazione?
Non sono molto ottimista. Sono sicuro che usciremo fuori dalla pandemia ma credo che il settore della musica e dello spettacolo stia pagando un prezzo più caro di altri. Anche quando sono state decise le chiusure, non è stato riconosciuto un ruolo importante ai lavoratori dello spettacolo. Mi dispiace molto. L’intrattenimento diffuso in televisione può svilire a volte il nostro lavoro e altre renderlo più ricco. Voglio pensare che la musica continui ad essere un bisogno primario per le persone. Mi ricordo ancora quando le persone durante il lockdown si affacciavano cantando sui balconi.
Recentemente si è parlato anche di quote rosa nell’ambito della direzione d’orchestra. Perché secondo lei è ancora un caso un direttore d’orchestra donna?
Oggi, diversamente dal passato, cominciano ad esserci molti direttori d’orchestra donna. E’ un segno importante di un’evoluzione della vita sociale. Il direttore d’orchestra è una persona in vista e il suo ruolo riguarda il momento dell’esecuzione. Anche i compositori sono una parte importante di questo meccanismo e fortunatamente le compositrici donne ci sono da molto più tempo.
Qualche anno fa era stato arruolato anche ad “Amici”. Che esperienza è stata?
Ho vissuto il passaggio da “Saranno Famosi” ad “Amici”. In quegli anni c’era l’idea che la didattica potesse essere di supporto alla crescita artistica di un ragazzo. Sono stato felice di sapere che alcuni giovani abbiano imparato in quell’occasione il linguaggio musicale e abbiano deciso di proseguire diplomandosi al Conservatorio. Questa è stata una conquista straordinaria perché oggi ci sono tanti artisti che passano sul palcoscenico ma che poi diventano meteore.
Le piacerebbe tornare in futuro a vestire i panni di giudice in un talent?
Fare il giudice in un talent non è proprio la mia aspirazione. Mi farebbe piacere essere di aiuto ai ragazzi ma non so se i talent possano aver bisogno di una figura di questo tipo. I tempi televisivi spesso sono stretti e non consentono di esercitare al meglio la funzione di docente. Quando ero ad “Amici” avevo una frequenza giornaliera con i ragazzi. In quel caso ho potuto appurare quanto l’immersione continua produca risultati dal punto di vista didattico.
In una recente intervista il maestro Riccardo Muti ha denunciato nella direzione d’orchestra una gesticolazione eccessiva oltre che uno studio approssimativo. Lei è dello stesso parere?
Capisco cosa volesse intendere Riccardo Muti. L’approccio alla direzione d’orchestra è cambiato nel corso degli anni. Prima veniva richiesto un impegno enorme anche perché la competitività nel settore classico era elevata. Ci sono insegnamenti del passato che andrebbero conservati e tramandati. Viviamo in una società in cui si consuma tutto con troppa rapidità dimenticando ciò che di importante ci ha preceduto.
Ce l’ha ancora un desiderio da realizzare?
Ne ho tanti. Mi piacerebbe formare un’orchestra giovanile che possa abbattere quella barriera tra il mondo classico e quello popolare. Sono due mondi distinti che possono convivere in una forma di eccellenza.