Archer, recensione di una delle serie animate più brillanti della storia | no spoiler

Archer

Archer non è semplicemente una sit-com divertente e dallo stile eccentrico per il pubblico americano, ma un vero fenomeno culturale entrato nell’immaginario comune, valorizzato da una cascata di premiazioni che testimoniano l’intelligenza della sua scrittura e le magnifiche interpretazioni dei doppiatori. Con colpevole ritardo lo show ideato da Adam Reed ha trovato un distributore italiano in Netflix, che propone finalmente anche nel Bel Paese le tredici stagioni di un prodotto imperdibile.

Archer, la trama

Sterling Archer (H. Jon Benjamin), nome in codice Duchessa, è la migliore spia del mondo, o almeno è così che lui si definisce. L’umiltà non è esattamente un tratto caratteristico della sua persona, ma l’agente è davvero capace nel suo campo: ha ottime doti atletiche, una mira infallibile ed anche un’innata propensione alla seduzione, che non guasta mai quando c’è da estrapolare informazioni importanti. Purtroppo Sterling è un egomaniaco senza alcun senso del pericolo, una mina vagante capace di portare a termine le missioni da solo, ma anche di mettere a repentaglio la vita dei suoi collaboratori.

Tra questi sfortunati spicca l’agente Lana Kane (Aisha Tyler), abile quanto Sterling sul campo ma molto più riflessiva, eppure la sua avvedutezza non l’ha salvata da una relazione complicata con il suo irresponsabile collega, con il quale tutt’ora condivide uno strano tira e molla prevalentemente basato sul sesso. Stanca di rapporti infantili che non portano a nulla, Lana decide di impegnarsi con Cyril Figgis (Chris Parnell), un uomo mite, intelligente e sottomesso, insomma l’esatto opposto rispetto a Sterling, il quale infatti si comporta con lui come un bulletto, essendo soltanto il contabile dell’agenzia ISIS dove tutti lavorano.

A capo di questa organizzazione di spionaggio c’è Malory Archer (Jessica Walter), una celeberrima ex agente costretta – suo malgrado – ad abbandonare l’azione vera e propria a causa dell’età avanzata. Il boss è anche la gelida ed anaffettiva madre di Sterling, che a causa del suo cinismo è cresciuto praticamente orfano e intrinsecamente desideroso di accettazione da parte di chiunque, finendo col diventare un adulto volubile ed impossibile da soddisfare che nasconde a stento una lieve forma di complesso di Edipo.

Perché guardare Archer

Basta leggere il breve incipit di questa serie tv per mettere subito a fuoco alcuni dei temi più importanti che vengono sviscerati nel corso delle stagioni, a partire dall’egocentrismo autodistruttivo di un uomo cresciuto (a stento) senza una madre che gli dimostrasse affetto, fino alle relazioni sentimentali di persone adulte ma costrette per lavoro a girare il mondo sotto copertura, mettendo a repentaglio le loro identità che rimangono invece incastrate in un luogo sempre lontano.

A questi si aggiungono gli argomenti più disparati, tra il serio ed il faceto, messi in scena da un cast molto ampio che coinvolge anche Cheryl Tunt (Judy Greer), la stralunata segretaria dalle tendenze masochistiche; Pam Poovey (Amber Nash), un donnone che mangia cibo immondizia negli orari più improponibili ed è stranamente abile nella lotta corpo a corpo; il Dottor Krieger (Lucky Yates), l’eccentrico scienziato che nutre un amore malsano per le intelligenze artificiali.

A loro si uniscono di volta in volta personaggi ricorrenti come le immancabili nemesi, nuovi interessi amorosi e sgraditi colleghi, portando sullo schermo una storia autoconclusiva in tutti gli episodi, collegati soltanto dagli sviluppi umani – a volte minimi, altri sconvolgenti – che coinvolgono i suoi protagonisti. Archer è un prodotto d’animazione, ma non è affatto uno show per bambini né una visione semplice ed immediata, perché la sua comicità adulta si basa sull’elevata velocità di dialoghi sprezzanti e cinici, pronti a prendersi gioco di qualsiasi cosa senza rispettare alcuno stigma morale.

Lo stile d’animazione è minimalistico ed immediatamente riconoscibile, ma le sequenze d’azione sono adrenaliniche e ben coreografate, mentre una colonna sonora jazz sembra prendersi gioco delle grandi produzioni cinematografiche spionistiche come 007 e Mission Impossible. Ciò che fa risplendere l’opera ideata da Adam Reed è ovviamente la sua scrittura sagace, sempre prona ad alte citazioni dal significato oscuro – letteratura e cinema fanno di tanto in tanto capolino nei dialoghi, ma spesso i riferimenti sono alla geopolitica ed alla tecnologia, obbligando lo spettatore ad una veloce ricerca su Google per afferrare la battuta -, portata in scena da una recitazione a dir poco convincente da parte di ogni singolo membro del cast, capace di caratterizzare con profondità personaggi unici diventati delle vere icone di disfunzionalità ed egoismo.

Perché non guardare Archer

I difetti di Archer sono in gran parte riconducibili ai suoi grandi pregi: questo è uno show che pretende tanto dal suo pubblico, a cominciare dai dialoghi al fulmicotone per arrivare ad un tipo di comicità molto vario, che sa essere di un’acutezza incredibile ma anche demenziale e volgare. Chi cerca una semplice sit-com con cui riempire i momenti morti durante la giornata (traviato magari dal fatto che sia animata) farebbe meglio a guardare altrove, perché questa serie si prende gioco dei difetti umani senza risparmiarsi battute molto cattive, le quali potrebbero offendere uno spettatore impreparato. Essendo uno show che va avanti ormai da 13 anni, come è lecito aspettarsi alcune stagioni sono di una bellezza incommentabile, altre molto meno. Ogni tornata di episodi mette in scena un arco narrativo diverso, con le sue peculiarità e variazioni sul tema, ma non tutte queste trame riescono a stupire allo stesso modo, ed in alcune di esse il ritmo risente del riciclo costante di svariate situazioni.

Archer è una serie polarizzante, capace di abbagliare con la sua scrittura sagace ma anche di risultare indigesta ad un pubblico che cerca un semplice passatempo, eppure l’ottima ricezione mondiale obbliga quantomeno lo spettatore a dare una possibilità alle avventure di questa masnada di spie disfunzionali, sempre tenendo bene a mente il target di riferimento e le propensioni personali di ognuno di noi.

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