Another End, la recensione dello sci-fi drammatico (senza spoiler)

Another End

In un prossimo futuro, una compagnia ha sviluppato una tecnologia rivoluzionaria: tramite i ricordi di una persona cara venuta a mancare, è possibile installare per un breve periodo la memoria del defunto in corpi ospiti, individui chiamati Locatari che decidono dietro pagamento di mettersi a disposizione della persona in lutto.

Sal ha perso Zoe, l’amore della sua vita, in un drammatico incidente automobilistico nel quale era lui alla guida e non riesce a darsi pace. Per sua “fortuna” la sorella Ebe lavora proprio nella succitata azienda e lo convince a sperimentare quest’opportunità, che però potrà durare soltanto un determinato numero di sessioni, il tempo necessario per dare il giusto addio. Ad ospitare la coscienza di Zoe sarà Ava e ben presto Sal non riesce a fare a meno della sua presenza.

Another End: un giorno ancora – la recensione del film

Sembra una puntata di Black Mirror, serie antologica cult che ha spesso usato la fantascienza per parlare della nostra società, allungata in un lungometraggio l’ultimo film del regista calatino Piero Messina, che si cimenta con quella sci-fi esistenzialista che tanto piede ha preso nel nuovo millennio. E infatti ancora una volta l’incipit avveniristico si fa motore di un racconto intimista e privato, con il dolore della perdita che permea costantemente le due ore di visione.

Presentato alle 74esima edizione del Festival del Cinema di Berlino, Another End – in prima visione Sky e poi disponibile su NOW – è un film dilatato che si prende i suoi tempi e spinge anche il pubblico a prendersi il suo tempo come il tormentato protagonista, che trova ideale veicolo empatico nello sguardo afflitto di Gael García Bernal, adeguatamente accompagnato da una altrettanto dolente Renate Reinsve.

Another End: Essere o non essere

Cos’è che fa di te una persona? La consapevolezza di te è frutto del reale o di un artificio accuratamente programmato? Corpo e anima sono davvero così indissolubili? Sono tante le domande poste da una sceneggiatura sicuramente appassionante ma non poi così originale, che risolve dilemmi più o meno moderni con una certa schematicità. Lo stesso colpo di scena finale ad effetto è al sapor di déjà vu, per quando riesca a centrare l’obiettivo nell’imprimere ulteriori sfumature al già angosciato assunto.

Girato per la quasi totalità negli interni e con un gioco di parole iniziale sul titolo, che da not there (non lì) si trasforma in Another End (un’altra fine), che esemplifica al meglio quanto andremo a vedere e i reali risvolti del racconto, il film inanella diversi spunti interessanti – e con i quali tutti possono entrare in comunione e in riflessione – ma non li sfrutta sempre appieno in virtù di una formula che risulta più anonima del previsto.

Conclusioni finali

Come dire addio alla persona amata nel migliore dei modi, soprattutto quando questa è già passata a miglior vita? Tramite una rivoluzionaria tecnologia che permette di riversare la coscienza del defunto in un corpo ospite, che per limitate sessioni di tempo e un breve periodo “vestirà i panni” di chi se ne è andato per sempre. Il protagonista di Another End scoprirà come lasciar andare per la seconda volta sia ancora più difficile.

Dramma sci-fi esistenzialista, l’ultimo film del nostro Piero Messina affidarsi a un cast internazionale per raccontare una storia d’amore che vorrebbe superare le barriere del tempo, per ingabbiare un amore perduto in un simulacro destinato a svanire. Un film di spazi e di vuoti, meno originale del previsto – un tema sviscerato ampiamente su grande e piccolo schermo – ma dal buon impatto emozionale e con un colpo di scena intuibile ma efficace, grazie anche alle solide interpretazioni di Gael García Bernal e Renate Reinsve.

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