Il genere distopico o post-apocalittico non è particolarmente diffuso tra le opere audiovisive italiane. Negli ultimi anni, però, la tendenza sembra essere almeno in parte cambiata. Si sono susseguiti a distanza di poco tempo film come La terra dei figli e Mondocane, che scelgono prima la nebbia del nord e poi il torrido del sud per raccontare un mondo in frantumi. In entrambi i casi al centro ci sono degli adolescenti, alle prese con il disperato tentativo di sopravvivere. Nel mezzo di questi due film c’è anche Anna, serie TV in sei episodi su NowTV creata, scritta (assieme a Francesca Manieri) e diretta da Niccolò Ammaniti a partire dal suo omonimo romanzo. Stavolta siamo in Sicilia e anche in questa occasione nel mezzo c’è un’adolescente.
La trama di Anna (2021)
Un’epidemia, “la Rossa”, causata da un virus proveniente dal Belgio ha provocato la morte di tutti gli adulti. Solo i bambini ne sono immuni, fino al raggiungimento della pubertà. Anna (Giulia Dragotto) è una ragazzina tredicenne che, dopo la morte della madre (Elena Lietti), cerca di proteggere in ogni modo il fratellino Astor (Alessandro Pecorella). Per difenderlo da pericoli esterni lo tiene isolato nella casa di famiglia, mentre lei si allontana in cerca di cibo e provviste.
Un giorno, Astor viene rapito da una banda di bambini, i “Blu”. Anna è costretta a mettersi in viaggio alla ricerca del fratellino. Da qui Anna intraprende un viaggio attraverso una Sicilia distrutta e spettrale, con la speranza di riabbracciare il fratello e di scoprire se davvero qualcuno degli adulti è scampato all’epidemia trovando una cura.
Perché guardare Anna
Come si diceva in apertura di questo articolo, in Italia non siamo molto avvezzi a vedere prodotti nostrani a carattere post-apocalittico. Può esserci, quindi, un po’ di fisiologica diffidenza nel momento in cui questi ci si palesano davanti. Una prima ritrosia è forse quella legata all’immaginario visivo, distante dalle megalopoli diroccate che un certo tipo di cinema ha scolpito nel corso dei decenni. Eppure il territorio italiano, se scelto con cura, si presta con grande atmosfera, che sia la Pianura Padana de La terra dei figli, la Puglia di Mondocane o la Sicilia di Anna, appunto.
Quello che però rende la serie di gran valore è soprattutto la scrittura. Il blocco di partenza è già ampiamente rodato da uno dei migliori scrittori italiani qual è Ammaniti, che nella traspozione su schermo riesce assieme a Manieri a delineare le incertezze, lo spaesamento e anche il terrore di Anna. La miniserie, in fondo, è un coming of age, una brutale chiamata all’età adulta che non risparmia momenti crudi e spietati.
Gli altri ragazzini che Anna incontra nel corso del suo viaggio ricreano un ibrido tanto grottesco quanto cruento a cavallo tra l’infanzia e l’impronta di quella che è la vita adulta che loro ricordano. Ricreano un mondo organizzato per fazioni, capitanato da adolescenti ammalati di Rossa e sempre più prossimi alla morte, spesso feroci e sui quali la serie riflette quella sorta di peccato morale che ha decimato gli adulti e condannato il futuro.
Anna, perché non guardare la miniserie
Anna fa bene quello che vuole fare perché ha ben chiare le idee in testa. Trascina la sua protagonista con ostinata convinzione in un mondo in cui la speranza è un concetto sfumato, distante, difficile anche solo da elaborare per queste piccole donne e uomini cresciuti in un contesto al declino. Anna si muove con consapevolezza tra di loro perché cresciuta dalla madre con la missione di essere una salvatrice, di guardare dritto davanti a sé e di trovare una soluzione agli imprevisti.
Anna è una serie quadrata, precisa, intensa, che dura il giusto ed evita facili derive consolatorie, prendendo di petto le cose per come stanno. E’ di certo una gradita ventata d’aria fresca nel nostro panorama audiovisivo, che si aggiunge a una serie di ambiziosi progetti capaci di veicolare con la giusta rappresentazione e con le giuste riflessioni anche scenari e immaginari a noi più distanti.