Alessandro Borghi è stato uno dei protagonisti del Giffoni Film Festival. L’attore, amatissimo dalle nuove generazioni, è stato accolto nella Sala Truffaut da tantissimi ragazzi e premiato con il “Premio Giffoni Experience Award”. Borghi non si è sottratto alle domande dei giovani presenti, svelando curiosità e aneddoti della sua carriera.
Giffoni Film Festival 2024, intervista ad Alessandro Borghi
Noi di SuperGuida TV lo abbiamo video intervistato in esclusiva. L’attore ha interpretato quest’anno Rocco Siffredi nella serie Netflix “Supersex“, arrivata ad essere la terza più vista su Netflix tra quelle in lingua non inglese. Per girare le scene di sesso si è reso necessario l’inserimento del coordinatore d’intimità al fine di garantire a tutti la massima sicurezza durante le riprese.
Una figura di cui si sta discutendo sempre di più tanto che l’Academy degli Oscar a Hollywood starebbe valutando di farne una categoria per gli Oscar. In Italia invece c’è ancora una certa resistenza. Alessandro Borghi sulla sua importanza ha ammesso:
“Per me la figura dell’intimacy coordinator è stata fondamentale. All’inizio pensavo di non averne bisogno perché a volte facciamo il grande errore di rapportare il bisogno di qualcosa solo rispetto alle nostre necessità. Sul set invece eravamo in tanti e quindi ognuno di noi si approcciava a quella tematica in modo diverso. La figura del coordinatore di intimità semplifica il lavoro e fa da intermediario emotivo con le persone coinvolte nelle riprese, nel nostro caso una scena di sesso. La sua presenza ti solleva anche da una certa responsabilità mettendo a proprio agio gli altri attori sul set. Non comprendo perché ci sia ad oggi ancora astio nei confronti di questa figura e non so neanche se realmente ci sia. Secondo me non tutti sappiamo comprendere quando effettivamente serva. In altri lavori che ho fatto non c’era stato particolare bisogno perché se due attori tra loro si sentono già al sicuro probabilmente questa necessità viene meno. In questo paese il problema è della sessualità perché non si sa mai come affrontarlo e in che modo parlarne. Ho fatto la serie su Rocco Siffredi perché mi interessava scardinare un argomento così ancora tabù. Per questo motivo, poi una parte del paese ha apprezzato e l’altra invece ha polemizzato“.
Su un futuro come regista, ha invece risposto: “Per ora sono pronto a passare dietro la macchina da presa a e tornare di nuovo davanti. La regia mi interessa molto. A volte ci penso in modo più serio, a volte credo di non esserne capace. Ho iniziato a studiare per permettermi anche soltanto di fantasticare al riguardo. Per quanto riguarda una storia che mi piacerebbe raccontare, deve essere qualcosa che il pubblico non si aspetta. Ci sono una serie di temi che considero di comfort, mi piacerebbe uscire da lì come provo già a fare con i ruoli che interpreto”.