Lovely Boy, recensione (no spoiler) del film che parla di trap, droga e solitudine

Lovely Boy

Dopo una carriera avviata nel mondo dei videoclip e l’esordio alla regia cinematografica con Ultras, Francesco Lettieri torna dietro la macchina da presa per Lovely Boy. Un film che pone al centro il mondo della trap ma non è mai un film sulla trap. Segue il suo giovane protagonista, Nic in arte Lovely Boy (Andrea Carpenzano), astro nascente del panorama musicale che finisce per spezzarsi sotto il peso di un successo difficile da governare.

La Recensione (no spoiler) del film Lovely Boy

Lovely Boy è un’opera che prende un contesto che Lettieri conosce bene, quel cosmo del music business pieno di trappole e contraddizioni, e lo mette a fare da sfondo al processo di progressivo scollamento con la realtà subito da Nic. Una cesura che si consuma inesorabile sniffando cocaina e ingerendo pasticche come fossero caramelle, che il regista e sceneggiatore – assieme a Peppe Fiore – intervalla ai flashback mentre il trapper finisce in una comunità di recupero sulle Dolomiti.

Tra la calma e i ritmi di queste montagne si svelano le radici delle debolezze umane, talvolta penetrate così a fondo da rendere quasi impossibile liberarsene e pronte a emergere di nuovo fuori quando meno ce lo si aspetta. C’è da riconoscere a Lettieri la bravura nel fare un film asciutto sia nei toni che nella rappresentazione, con il supporto alla sua centrata regia della fotografia malinconica di Gianluca Palma. In certi frangenti l’opera si concede alcuni slanci nella sperimentazione visiva, sfruttando il volano delle droghe in circolo nel sangue di Nic e riuscendoci alcune volte più di altre.

Opinione sul film Lovely Boy

Il punto di forza di Lovely Boy è però il suo stare così addosso alla performance di Carpenzano – che è nella sua comfort zone recitativa tutta in sottrazione – unico e solo nucleo di un racconto dove ogni altra cosa sfreccia ai lati e si schianta sullo sfondo. A partire dal duo musicale che Nic forma assieme a Borneo (Enrico Borello), fino ad arrivare alla rapporto che il trapper ha con Fabi (Ludovica Martino), probabilmente l’anello più debole della sceneggiatura.

La parabola del percorso di un Lovely che diventa Lonely Boy è sicuramente classica e scandita da rintocchi collaudati, ma l’opera di Lettieri sa come gestire l’emotività e arrivare a momenti di estrema dolcezza, come quello del finale. Una gradita sorpresa e un passo in avanti per la carriera cinematografica di un regista che potrebbe avere molto da dire in futuro.

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